“I vecchi peccati hanno lunghe ombre”

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Il  passato non può condizionare per sempre il giudizio su chi delinque, sarebbe ingiusto e disumano non concedere la possibilità del ravvedimento… Tuttavia, di fronte alla violenza verbale e fisica, di “Omar” Favaro nei confronti della moglie, credo sia legittimo interrogarsi sulla missione rieducativa, fondamento del nostro sistema carcerario, se neppure su una personalità così duttile come quella di un adolescente ha sortito un grande effetto. Non solo  sul pentimento rispetto al reato terribile commesso… anche nella ricostruzione  della personalità stessa, volgendola a valori positivi.

“I vecchi peccati hanno lunghe ombre”, recita un antico proverbio inglese ed è quasi impossibile non ripensare a quanto avvenne a Novi Ligure il 21 febbraio 2001. All’epoca dei fatti, Erika De nardo e Mauro “Omar” Favaro avevano  rispettivamente 16 e 17 anni. Le cronache raccapriccianti  di uno dei delitti più efferati che si  ricordino, parlano di una ferocia disumana…  Ben novantasette coltellate,  inferte con un coltello da cucina, quaranta  alla madre di lei e cinquantasette al fratellino undicenne, oltre a precedenti tentativi per quest’ultimo di avvelenamento  con un topicida e di annegamento  nella vasca da bagno… L’impassibilità dinnanzi alle accuse, la freddezza di  consumati assassini nello scaricarsi reciproco delle responsabilità, l’assenza di  qualsiasi  coinvolgimento  emotivo dei due giovanissimi, aggiunsero orrore a una vicenda che rimarrà negli annali  come una fra le più terribili.
Si parlò molto, moltissimo di  questa vicenda e alle critiche  per la “mitezza” delle condanne, (Erika De Nardo a 16 anni di reclusione e Omar Favaro a 14 anni) si pose comunque l’accento sul rimorso, col quale i due giovani avrebbero comunque dovuto fare i conti per tutta la vita.

Il 5 dicembre 2011 Erika fu rimessa in libertà; la studentessa svogliata e totalmente negligente del liceo che in carcere aveva conseguito la laurea in filosofia nell’aprile del 2009, non dimostrò pentimento e dolore, nonostante l’ accertata colpevolezza equamente attribuita ad entrambi dalla sentenza, scaricò anche all’uscita dal carcere  l’intera responsabilità della strage a Omar. Negli anni seguenti, le sue reiterare dichiarazioni erano  volte a lamentarsi del fatto  che tutti la  riconoscevano.

Omar  Favaro l’aveva preceduta nella riconquistata libertà, era infatti stato scarcerato, a seguito dei benefici dell’indulto e di sconti riconosciutigli per la buona condotta, il  3 marzo 2010. Non una parola di  dolore, pentimento, orrore… solo l’affermazione di non “portare alcun rancore verso Erika” (secondo la sua prima dichiarazione),  intenzionato a gettarsi, come lei, il passato alle spalle, per rifarsi una vita.

Ora “Omar” Mauro Favaro è tornato prepotentemente agli onori della cronaca, in negativo, indagato e accusato per violenza sessuale nei confronti della ex moglie nonché di pesanti maltrattamenti nei suoi confronti e verso la loro figlia.

Giornali autorevoli, come La Repubblica, riportano notizia delle violenze fisiche e psicologiche oltre che delle minacce tipo  «Ti sfregio la faccia con l’acido», «ti mando su una sedia a rotelle », «non esci viva di qui»…  che vanno decisamente ben oltre i normali diverbi di una “difficile separazione” come sostiene, invece,  l’avvocato difensore del Favaro …

Certo, il passato non può condizionare per sempre il giudizio sulle persone, sarebbe ingiusto e disumano non concedere la possibilità del ravvedimento, della presa di coscienza  del male fatto, del pentimento… oltre al proposito di rientrare  a pieno titolo  nell’umano consesso, rispettando ogni legge…Tuttavia, di fronte a simili  frasi, ad altri abusi, come avvicinare la moglie ad un  fornello acceso, tirandola per i capelli, la distruzione del cellulare, per impedire di telefonare all’autorità per denunciare i reiterati  maltrattamenti … credo sia legittimo chiedersi quanto sia efficace la rieducazione, quanto sia valida la missione del recupero del condannato che è una dei pilastri del nostro sistema carcerario se neppure su una personalità così duttile come quella di un adolescente ha sortito un grande effetto. Non solo  sul pentimento rispetto al reato terribile commesso… anche nella ricostruzione  della personalità stessa, volgendola a valori positivi.

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Una risposta

  1. Viene prima il diritto alla vita

    Sul tema della malagiustizia in Italia mi sono soffermato un’infinità di volte dicendo sempre peste e corna di una legislazione penale indecente, che potremmo ormai definire un vestito a misura di delinquente, anche il più incallito, spietato e feroce.
    Ma qualcosa la devo pur dire per commentare una vicenda giudiziaria che ha dell’incredibile perché supera per efferatezza qualsiasi immaginazione.
    Sono trascorsi oltre 22 anni ormai da quando i fidanzatini Erika De Nardo ed Omar Favaro, che avevano rispettivamente 16 e 17 anni. ammazzarono con ben novantasette coltellate la madre di lei ed il fratellino undicenne, ma il ricordo di quegli orribili delitti è ancora vivo.
    Quello che colpì maggiormente, oltre all’efferatezza degli omicidi , fu la mitezza della pena inflitta ad Erika ed Omar: 16 anni la ragazza e 14 il ragazzo .
    Pena decisamente troppo soft pur tenendo conto del fatto che i ragazzi erano minorenni all’epoca e quindi solo semimputabili penalmente .
    Ricordo che il codice penale vigente sancisce ( art. 97 ) che fino a quattordici anni il minore non è mai imputabile, perché nei suoi confronti è prevista una presunzione assoluta di incapacità, senza cioè prova contraria. L’art 98 sancisce invece che fra i quattordici e i diciotto anni il minore è imputabile solo se il giudice ha accertato che al momento del fatto aveva la capacità di intendere e di volere. V’è da dire però che i due non hanno mai dato segni di ravvedimento o di pentimento.
    E non si riesce a capire il motivo per cui Omar sia stato scarcerato, a seguito dei benefici dell’indulto e di sconti per la buona condotta, il 3 marzo 2010 mentre la ragazza sia stata scarcerata nel dicembre dell’anno dopo con una sostanziosa riduzione della pena.
    Ricordo che la Costituzione con l’art. 27 comma 3 ha voluto attribuire la giusta importanza alla funzione rieducativa della pena che non può essere solo afflittiva. Penso però che si sia andati oltre perché ci si è dimenticati delle vittime dei reati, tutti presi dall’opera di tutela e redenzione dei due delinquenti.
    Ritengo che sia arrivato il momento di mandare in archivio il vigente codice penale ( codice Rocco ) che risale al ventennio fascista e di riscriverlo funditus .
    Non cassando l’art 27 ma riformulandolo in maniera tale dare il giusto peso al gesto criminale e non obliando la vittima di omicidi, specie se efferati come è successo nel caso che ci riguarda.
    E’ necessario poi subordinare la concessione dei benefici all’effettivo ravvedimento e pentimento del reo, mai riscontrati nei due fidanzatini.
    So che farò rivoltare nella tomba Cesare Beccaria ma io la condanna a morte non l’avrei tolta dal codice penale.
    Stragisti , terroristi e assassini spietati per me devono essere condannati alla pena capitale : uccidere è sempre il più grave ed orribile dei reati.
    Più concretamente, in alternativa alla pena di morte, giustamente cassata dal nostro codice penale e la cui reintroduzione sarebbe impossibile , io penserei alla condanna all’ergastolo, vera, inappellabile, senza sconti e che duri tutta la vita.
    So che sto per dire un’eresia ma sono convinto che il comportamento nei confronti della ex moglie di Omar sia figlio di un sistema penale troppo benevolo nei confronti del delinquente e che la rieducazione del reo sia clamorosamente fallita perché si è prescisso sempre dalla verifica della volontà di redimersi .
    Il reinserimento nel consesso sociale cui è finalizzata la rieducazione deve essere un premio non considerato come un’attenuante generica che viene concessa a tutti a prescindere dalla sussistenza dei presupposti . La buona condotta che porta ai benefici carcerari non può prescindere dal pentimento sincero ed incondizionato.
    E soprattutto deve essere salvaguardato il cittadino inerme, potenziale vittima di criminali senza scrupoli.
    Il diritto alla vita deve essere prioritario rispetto al diritto alla rieducazione del reo.

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