
Martedì 4 luglio la presentazione del libro “I ragazzi della Raisina e il tesoro del tenore”, nell’ambito della manifestazione “D’estate, voci suoni e persone”, una rassegna che l’Amministrazione ha creato per animare Castelvetro di Modena e frazioni, nelle serate di luglio e agosto, con laboratori, letture e musica.
Martedì 4 luglio nell’ambito della manifestazione “D’estate, voci suoni e persone” una rassegna che l’Amministrazione ha pensato per animare Castelvetro di Modena e frazioni, nelle serate di luglio e agosto, con laboratori, letture e musica, abbiamo preso parte alla presentazione del libro “I ragazzi della Raisina e il tesoro del tenore”
I tre autori: Mario Leonelli, Massimo Moneti e Franco Mammei, seduti di fronte ad una bottiglia di lambrusco, uno spicchio di Parmigiano Reggiano ed al consueto pane e salame, sono stati intervistati dalla professoressa Tina de Falco, chiamata da Fiorano a seguito di un evento organizzato al CentroVVV, a cui i tre protagonisti avevano partecipato, al seguito della loro beniamina, Franca Lovino che ci ha letto alcuni spezzoni del libro e che ha curato la prefazione dell’opera narrativa.
Quello che è emerso da questa serata, gremita di persone intervenute per l’occasione, gli Alpini, colleghi di uno dei tre autori, i volontari e la comunità intera, tutti si sono presentati per ascoltare cosa avessero da dire Mario, Massimo e Franco, uomini conosciuti e stimati, che inaspettatamente hanno scritto un libro…
La serata è stata aperta dalla Vice-Sindaco Giorgia Mezzaqui che dopo aver ringraziato i presenti e il musicista Andrea Colombini – Clarinetto e sax, gli autori e le due signore, l’attrice Franca Lovino e la conduttrice professoressa Tina De Falco, ha dato il via all’evento in uno scrosciare di mani festose. La conduttrice, prima di cominciare, ha voluto ringraziare l’Avv. Gian Carla Moscattini del Centro VVV di Fiorano da cui tutto è partito, unitamente al suo direttore artistico, il M° Gen Llukaci, entrambi presenti alla manifestazione. Ha poi dato la parola alla magica signora Lovino, che con la sua lettura ha reso viviscenti le situazioni narrate all’interno del libro e vissute in prima persona dagli autori quasi 60 anni prima. In effetti, in questo libro si raccontano le “avventure” di questi tre amici che insieme ad una combriccola di ragazzini si trovavano a giocare alla villa Raisina, appartenuta a Tito Schipa, il leggendario tenore, protagonista della storia dell’opera lirica. Considerato uno dei grandi tenori leggeri Schipa ha potuto vantare una carriera di assoluto livello internazionale. Noi sappiamo che era nato a Lecce nel 1888, che aveva terminato gli studi a Milano e che assunse il nome di Tito come nome d’arte nel 1909, l’anno del suo debutto a Vercelli con Traviata. Oggi noi sappiamo l’importanza di questo artista che imparò a parlare quattro lingue, cantò e interpretò in molti idiomi diversi (undici o dodici si narra), visse anche per un lungo periodo negli U.S.A. (dove morì nel 1965), e che venne considerato “rivale”, in quanto a notorietà, di Enrico Caruso e di Beniamino Gigli, ma i bambini della Raisina non lo conoscevano così bene. I nostri autori, sapevano sì che era una “persona importante” che girava il mondo, ma non sapevano che la voce di Schipa sembrava davvero essere un vestito su misura nell’ambito della produzione di tanghi, possedendo un timbro inconfondibile, particolarmente adatto a toni di tenerezza, melanconia o nostalgia tipici di questo genere musicale che stava per nascere. I bambini della Raisina non potevano sapere che quando Schipa andò in Argentina, in uno dei suoi primi viaggi, venne avvicinato da Carlos Gardel che gli chiese delle lezioni per impostare e educare la propria voce e che Schipa acconsentì. Essi conoscevano di questo artista, ciò che veniva raccontato loro dagli adulti, come Armando, il giardiniere della villa e uomo di fiducia del suo proprietario. Un capitolo dell’opera è appunto dedicato ad uno di questi racconti, rimasti indelebilmente fissati nella mente di questi ragazzi che anche crescendo hanno avuto modo di comprendere sempre meglio, il significato di quello che veniva loro narrato.
Ci sono personaggi in quel libro, che ognuno di noi potrebbe ritrovare nella propria memoria, fatti di cui noi tutti abbiamo sentito parlare, da un vicino di casa, da un nonno o da qualcuno che in quel periodo era abbastanza grande da comprendere ciò che stava succedendo. Sì, perché si parla del primo dopoguerra e alcuni avvenimenti, per innocenti bambini di campagna che giocavano nel cortile di villa Raisina, era impossibile percepire il reale accadimento di taluni fatti, le ragioni di certe sparizioni o di certe morti….
Durante la serata, nell’aura della sera, comodamente protetti entro il cortile della biblioteca, dalle venuste mura di palazzi antichi, con una luna che troneggiava nel cielo come un faro, abbiamo ascoltato come la semplicità di un’amicizia durata tutta la vita, possa tenere ancora insieme tre ultrasessantenni, legati da sentimenti basati su un forte legame, uniti da anni condivisi, giocando in una campo da calcio improvvisato, dalla gioia per le insperate vittorie, raggiunte insieme e per la forza di un sentimento così intenso, in grado di fortificare ognuno di loro nella consapevolezza di non essere solo.
È stato emozionante, ascoltare come le fluenti letture di Franca Lovino, ci riuscissero a portare in un mondo antico, che oggi non esiste più, che sembra appartenere a dimensioni d’altri tempi, perché legato ai cicli della vita, delle stagioni e delle giornate, dove il raggiungimento di un obiettivo veniva apprezzato, condiviso e vissuto appieno, con gioia ed allegria, festeggiando con una fetta di salame ed un bicchiere di lambrusco, da bere insieme, alla salute di tutti, perché solo insieme, sarebbero stati forti ed invincibili, come quando vinsero 4-1 la partita contro il Solignano, squadra formata da ragazzi più forte tecnicamente, ma che non avevano il senso del gioco di squadra che invece possedevano – anche loro malgrado – i ragazzi della Raisina.
Abbiamo assistito ad un vero e proprio miracolo, in un battibaleno la serata si è conclusa, ed eravamo ancora tutti lì, ad attendere un racconto ancora, un’avventura nuova e un aneddoto che ci avrebbe fatto riflettere, come riportarci a pensare che il telefono non c’era in tutte le case, e che la vita veniva scandita dai tempi della natura; che la televisione aveva due canali e che alle 11 di sera le trasmissioni terminavano, costringendo tutti ad andare a riposare, per essere pronti per lavorare il giorno dopo; come viene ancora oggi ricordata l’insegnate d’italiano o il compagno di classe “immigrato” venuto dalla Sicilia, le soddisfazioni per una bicicletta o per un paio di scarpe da tennis, che diventavano gioie ed emozioni di cui ricordarne ancora l’effetto.
Il confronto con la vita frenetica di oggi, l’insoddisfazione che si prova pur potendo disporre anche del superfluo, l’essere sempre disponibili, in tempo reale, a causa di uno strumento che ci tiene connessi con il virtuale 24 ore su 24, è stato inevitabile. Ognuno di noi ha fatto mente locale ai ritmi di una vita che oggi è difficile anche solo da immaginare, e constatare, in questi tre ex ragazzi, con quanta sintonia, quanta pacatezza e quanta semplicità, testimoni di un mondo antico che non ritornerà, quasi nostalgicamente, raccontano delle loro esperienze ed ancora, a distanza di anni, sono in grado di rimanere amici, nonostante la vita abbia fatto il suo corso, capaci di riscoprire il modo di essere ancora felici insieme, di condividere gioie ed essere felici per un progetto realizzato, beh è stato commovente.
Ci è stato presentato un libro che sotto il profilo antropologico consente di fare un tuffo nel passato alla riscoperta di un mondo sano, di provincia, fatto di lealtà, amicizia e franchezza, basato su valori e virtù, impostato su ciò che è bene e ciò che è male, tenendo ben presente che il libero arbitrio ci consente di scegliere in quale direzione andare, ma anche avendo ben chiara la consapevolezza delle conseguenze. Abbiamo conosciuto tre uomini che con la loro testimonianza e attraverso le pagine del loro scritto ci hanno regalato molto su cui meditare, seppur con la semplicità di tre bambini di campagna che hanno ancora molto da insegnarci.
Ed allora, in attesa della seconda opera letteraria, come sempre: ad majora!

























