Enrico Aimi, come da pronostici della vigilia, è stato eletto coordinatore provinciale con il 74,64% dei voti ottenendo per la propria lista 22 seggi.. L’altro candidato Michele Barcaiuolo ha ottenuto il restante 25,36% dei voti e 8 seggi nel coordinamento provinciale.
Una prima sintesi politica di questi risultati è stata anticipatamente suggerita in congresso da Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl e commissario pro tempore del partito modenese, nell’affermare il suo rammarico di non essere riuscito a fare convergere le diverse componenti del partito in un congresso unitario.
Addirittura clamorosa ed irriverente è stata la decisione presa il giorno prima dall’on.Isabella Bertolini di disertare addirittura il congresso assieme ai componenti della sua corrente. Una scelta che evidenziava le profonde divergenze interne sul modo di intendere il ruolo e la stessa ragion d’essere del partito.
Una decisione che la vedeva coscientemente autoescludersi da ogni rappresentanza nel partito, una sconfitta a tavolino, proprio come è previsto nelle competizioni sportive quando uno dei contendenti si rifiuta di gareggiare. Una scelta difficile da valutare e da capire nelle sue manifeste o arcane motivazioni, ma da non liquidare con facili battute, non essendo l’ex coordinatrice politicamente parlando una perfetta “sprovveduta”.
Forse l’on. Bertolini ha preso questa decisione per rimandare la sua discesa in campo a tempi successivi convinta che a breve il PdL sarà sostituito da un nuovo partito: un evento che potrebbe riazzerare gli attuali organigrammi e quindi riportarla in gioco.
Certo è che la lettura politica che suggerisce «il giorno dopo» alla luce di tutti i dati a confronto consigliano di non sottovalutare le implicazione negative che alcuni di questi sottendono.
Il consigliere regionale Andrea Leoni, altro esponente che deliberatamente ha disertato il congresso, ha fatto notare che si sono presentati ai seggi poco piú di 1900 votanti su un totale di 5.500 iscritti : una affluenza pari ad un minoritario ed inquietante 34%. Il restante 66% di assenti, sordi ai vari richiami dimostra l’esistenza di un malessere o di problemi estremamente preoccupante .
Numeri che avrebbero dovuto obbligare tutto il partito ad affondare unitariamente questa emergenza, ma al contrario, forse per la mancanza di una leadership riconosciuta sono prevalse le divisioni interne che hanno accentuato nel Pdl modenese una presenza dirompente di antipolitica proprio nel giorno nel quale si doveva riannodare un nuovo rapporto virtuoso tra il partito e suoi militanti.
A suo tempo ebbi a scrivere che a mio parere questo congresso si riduceva ad una semplice ed ovvia ridistribuzione dei rapporti di forza interni applicando e sanzionando la sperimentata regola «guai ai vinti!». Così tutto sommato si è concretamente realizzato.
In effetti progetti politici realmente innovatori, strategicamente dirompenti rispetto ad una gestione del partito ritenuta fallimentare non se ne sono uditi. Così alla fine ciò che è emerso è stata la differenza di peso specifico determinata dal duo Giovanardi/ Samorì che si sono dimostrati i due veri politici facenti la differenza all’interno dell’arcipelago PdL modenese.
Ambedue provenienti dalla DC avevano dimostrato già in quella esperienza di possedere talento politico. Militanti in correnti diverse l’andreottiano Giovanardi e il Forzanovista Samorì, approdati poi nel PdL hanno saputo muoversi con indubbia perizia fino a stringere una alleanza strategica che li ha portati all’attuale controllo del partito.
Ciò che di concretamente sostanziale a livello politico si svilupperà nei mesi a venire nel centro destra modenese dipenderà da questi due e allo stato delle cose anche in caso di loro divergenze nessuno, piaccia o non piaccia, può illudersi di gestire in proprio alcunché prescindendo dal loro parere o volere. Tutto questo mentre sullo sfondo resta la pesante incognita di quel 66% di iscritti che si sono schierati a favore del non voto. Ma questo è un capitolo che appartiene ad un’altra storia che chiama in causa l’apporto di eventuali «cavalli di razza» che si mostreranno tali perché nulla hanno da spartire con i “signori delle tessere”.