Cosa offrite in concreto ai vostri associati?
Anzitutto tutela sindacale. Nei suoi sessant’anni di vita, l’Ascom si è sempre posta come il catalizzatore delle istanze della categoria e come l’interlocutore, per conto di esse, delle Istituzioni e, più in generale, della collettività. Questa è la funzione principale di un’associazione di categoria, attività che, se ben svolta, va a favore non solo della categoria stessa, ma di tutta la collettività. Su questo piano credo di poter affermare, senza falsi pudori, che in tanti anni di presenza attiva siamo riusciti a conquistare un livello di credibilità ed autorevolezza invidiabile, la quale non intendiamo rinunciare. Poi, attraverso l’Ascom s.c.a.r.l., società cooperativa di servizi, e le altre numerose società di scopo, offre ai propri associati un elevatissimo numero di servizi che le aziende, specialmente le medio-piccole, non sono in grado di gestire da sole, ma che sono indispensabili per la loro conduzione. Ai servizi tradizionali, quali la tenuta delle contabilità, la gestione del personale, l’assistenza amministrativa, l’accesso al credito, ecc., negli ultimi anni si sono affiancati (e continuano a nascere) servizi innovativi dettati dall’esigenza di restare competitivi in un contesto sempre più complesso.Tanto per fare qualche esempio, sono servizi che vanno dalla formazione per gli imprenditori e per i loro dipendenti, all’abbattimento dei costi energetici e telefonici, alla consulenza per la gestione aziendale, all’assistenza fiscale e legale, alla gestione di call center per conto delle aziende, e a tantissimi altri che sarebbe troppo lungo elencare. La prossima sfida ci viene proposta dalle modifiche in atto nel campo della sanità e previdenza integrative. Quello che conta è rendersi conto che tutti questi servizi, di cui un’azienda non può fare a meno e che quindi dovrebbe comunque reperire, sono svolti da noi nell’ottica di affiancar e sostenere la nostra “”missione”” principale che è, ripeto, la tutela sindacale della categoria.
Solo un’azienda di tipo familiare riesce a guadagnare: tasse, affitti,contributi, apertura di sempre nuovi centri commerciali in provincia….affossano i negozianti. Il piccolo commerciante sta scomparendo. Qual è la vostra ricetta per farlo sopravvivere?
Non c’è dubbio che sono in atto, ormai da tempo, profondissime modifiche del sistema distributivo. Negli ultimi 15/20 anni nel nostro settore si è verificata una vera e propria rivoluzione. Non mi riferisco solo all’arrivo degli Ipermercati che sono, diversamente a quanto si pensa di solito, solo una delle manifestazioni del cambiamento. Vi sono altri fenomeni altrettanto importanti, per esempio lo sbarco diretto sul negozio di aziende produttive, avvenuto attraverso l’azzeramento della filiera tradizionale e la modifica del ruolo del commerciante, che ha l’effetto di omologare l’offerta al consumatore rendendo Centri Storici e gallerie dei Centri Commerciali indistinguibili gli uni dagli altri. Poi la liberalizzazione delle tabelle merceologiche, che rende possibile vendere qualsiasi cosa in qualsiasi posto, il che non è del tutto negativo, specialmente per il consumatore, ma è stato traumatico per il settore commerciale. Poi, ancora, l’avvento di Internet, poi gli Outlet che nascono al di fuori di qualsiasi programmazione, e così via. Tutto questo è successo non solo in Italia, ma in tutto il mondo, e del resto siamo solo a metà del guado. Tale processo, come tutte le rivoluzioni, non poteva essere indolore, e infatti non lo è stato. Per di più, finché un processo rivoluzionario è in atto, è inevitabile che produca un effetto di instabilità, di precarietà che non consente di restare seduti e rende problematici gli investimenti. Tuttavia, è anche vero che una rivoluzione, se colpisce talvolta anche duramente situazioni che sembravano radicate ed immutabili, apre anche le porte ad un’infinità di nuove opportunità sino a quel momento impensabili. Si produce una sorta di selezione darwiniana che, tendendo alla sopravvivenza dell’intero organismo e non di sole singole parti di esso, fa emergere forze e capacità nuove che gli ridanno vitalità. Se osserviamo il fenomeno dall’alto, asetticamente, credo che possiamo affermare che, tutto sommato, il sistema ha “”tenuto””, e il tessuto distributivo complessivo, pur in presenza di continui spostamenti del baricentro, riesce a mantenere un suo equilibrio.
Certo non possiamo dimenticare che tutto questo ha avuto (e ha tutt’ora) costi pesantissimi per una categoria che, a differenza di tante altre, non è stata giudicata dai tanti governi che si sono succeduti meritevole di qualche attenzione, ed è stata abbandonata a sé stessa nell’affrontare lo tsunami che le si stava riversando addosso. Ancora oggi c’è una forte e deprecabile tendenza a riversare sui “”bottegai”” (ma lo stesso avviene per il turismo) problemi, errori, malfunzioni sia economici. sia politici che hanno origini diversissime, dei quali è comodo fare di ogni erba un fascio colpendo ulteriormente una categoria che, invece, avrebbe meritato ben altri appoggi, se non altro in riconoscimento dell’elevatissima funzione sociale che svolge con la sua stessa attività.
Un’accusa che sicuramente si può rivolgere alla Vostra categoria è che è una categoria non flessibile: festivi chiusi, lunghe pause pranzo, orari spesso non a misura di chi lavora. Perché c’è questa indisponibilità?
Si tratta di un’accusa ingenerosa, che fa comodo a coloro che, come ho detto, ritengono di nascondere i loro problemi additando il commercio al minuto come capro espiatorio, e che viene raccolta anche da quei consumatori che si fermano al luogo comune e non approfondiscono il ragionamento. Un negozio, e specialmente un negozio familiare, non è un robot, robot sono i distributori automatici: Un negozio è un’azienda che deve contemperare le ragioni di bilancio con le necessità delle persone che la costituiscono. Le ragioni di bilancio dicono che, posto che occorre far quadrare i conti, le aperture e le chiusure vanno calibrate sulla necessità di tenere aperto nelle ore e nei giorni in cui è più probabile che vi sia afflusso di compratori, posto che è impensabile un servizio 24 ore per 365 giorni all’anno, e questo perché c’è anche la componente umana. E questo vale per chi è solo, e non ha collaboratori, ma anche per chi ha dipendenti. Lo sapete perché, soprattutto nei Centri Commerciali, i negozi sono pieni di cartelli “”cercasi personale””? Perché nei negozi si lavora anche il sabato, e gli orari sono scomodi. Si obietterà che gli ipermercati, invece, tendono ad ampliare gli orari di apertura. E’ vero, ma è anche vero che quando i dipendenti sono qualche centinaio, non è difficile introdurre dei sistemi di rotazione che mitigano il problema; se i dipendenti sono 2 o 3, la cosa cambia. Date un’occhiata al numero di passanti in centro tra le 10 e le 12 del mattino e tra le 13 e l
e 15, e capirete subito. Ci sono Paesi in cui da sempre vige l’orario continuato, è vero, ma alle cinque di sera si chiude tutto. Del resto anch’io, che lavoro un buon numero di ore al giorno, troverei molto comodo recarmi la domenica, o la sera dopocena, e cioè in orari “”a misura mia””, nei seguenti posti: dall’avvocato, dal dentista, all’anagrafe, in tribunale, all’ufficio delle tasse, dal barbiere, all’ACI, a scuola per accompagnare i figli, ecc. Sono tutte categorie “”non flessibili””?
I commercianti sono una categoria molto a rischio che quasi quotidianamente subisce rapine, furti, minacce. E quando i commercianti tentano di ribellarsi vengono magari messi sotto inchiesta. Cosa fate per la loro protezione e sicurezza ?
Gira e rigira, è sempre il medesimo discorso. Una forte presenza di commercio è di per sé un forte presidio territoriale, ma al tempo stesso costituisce un punto di attrazione per molti tipo di malvivenza. Da parte delle Autorità si accoglie favorevolmente il primo aspetto, ma si fa poco per contrastare il secondo. A Modena siamo stati i primi a convincere la Camera di Commercio e i Comuni ad incentivare strumenti di sorveglianza televisiva collegati alle Forze dell’Ordine, un’iniziativa poi diffusasi in tutto il Paese. Abbiamo sollecitato e accolto favorevolmente l’introduzione del Poliziotto e del Carabiniere di quartiere. Ma non basta. Occorre che anche il sistema legislativo e giudiziario si convincano della necessità non più derogabile di applicare la certezza della pena e la tutela dei diritti di chi è onesto, oltre a quelli di chi delinque. Lungi da noi dall’invocare uno Stato di polizia, ma è necessario che chi compie reati contro il patrimonio o, peggio, le persone, sia tenuto in condizione di non nuocere ulteriormente. Le stesse Forze dell’Ordine, che peraltro sono cresciute in professionalità ed efficienza, rischiano di essere frustrate dall’attuale andazzo, mentre dovrebbero, invece, essere incentivate oltre che potenziate.
Centro storico: carenza cronica di parcheggi, mancanza di agevolazioni per i clienti. Sembra si voglia favorire sempre i grandi centri commerciali. Cosa pensate di un parcheggio sotterraneo in piazza Roma. Verrà fermato ed ostacolato come tutti gli altri grandi progetti? E se fosse in piazza Matteotti? (a Bolzano, ad esempio, si arriva sino sotto al centro storico)
Quello dei parcheggi Modena è ormai un “”tormentone”” che sarebbe comico se non fosse tragico. A Modena da decenni imperano due preconcetti assoluti, ideologici: NO ai parcheggi, NO all’utilizzo del sottosuolo. E’ vera la situazione di Bolzano, ma non occorre andare così lontano per esempi simili, Parma e Bologna sono più vicine, ma ancor più vicina è Vignola, dove pochi mesi fa è stato inaugurato un parcheggio sotto la piazza principale, parte per i residenti e parte a rotazione, voluto dall’Amministrazione comunale con l’appoggio dell’Ascom locale, e finanziato con strumenti moderni. Ora, dopo tanti anni buttati via, si sta sondando piazza Roma: crediamo nella buona volontà dell’Assessore cui diamo il nostro appoggio. Siamo più pessimisti sul fatto che lo lascino fare. Comunque non sarebbe sufficiente, da solo. Anche piazza Matteotti andrebbe benissimo, e restiamo convinti che un luogo adattissimo sarebbe largo Garibaldi, con accesso veicolare da viale Trento Trieste e sbarco pedonale in pieno centro. Poi ci sarebbe l’ex cinema Italia, e molti altri spazi, anche privati, che potrebbero contribuire ad affrontare la soluzione del problema della sosta, quindi della circolazione, e quindi dell’accessibilità. Ma occorre vincere i preconcetti, cosa difficilissima.
Perché non si chiedono navette gratuite per il centro dai parcheggi scambiatori? Invece che autobus mostruosi e sempre vuoti e carissimi?
Le abbiamo chieste, come abbiamo chiesto un gran numero di provvedimenti anche strutturali per ottenere questa famosa accessibilità e contemporaneamente affrontare il problema dell’inquinamento dell’aria. Ma da un lato si preferiscono i blocchi della circolazione, inutili, ma più facili da realizzare; dall’altra si pensa a un progetto di metrotramvia (il vecchio tram) secondo la concezione di trasporto pubblico che andava per la maggiore quarant’anni fa, che invece strozzerà non solo la circolazione automobilistica nel centro, ma persino quella pedonale.