Gli affarucci

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Tempo fa una gentile commentatrice, Maria, aveva auspicato che il Conte fosse più esplicito riguardo gli affarucci cui talvolta allude nei suoi scritti [1] .

Devo a Maria le mie scuse per il colpevole ritardo nel risponderLe, ritardo tuttavia determinato soprattutto dal fatto che il Conte in questo periodo, oltre ad essere più intrattabile del consueto, è sigillato come un’ostrica e rifiuta di parlare con tutti.

L’altra sera, dopo averlo allettato, promettendogli di cucinare il piatto che predilige, ho provato a sondarlo circa il significato di quell’allusione agli affarucci.

Sarà stato per via della leccornia che ho preparato, o, più probabilmente, per via dell’eccellente Médoc che l’accompagnava, fatto sta che, dopo aver assaporato qualche boccone, ha esordito così:

          Avrai sicuramente letto sui giornaloni, in occasione della visita di Ingrid Betancourt, che il governo colombiano ha denunciato, prove alla mano, la collusione di esponenti comunisti italiani di rilievo con le FARC. Le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), come saprai, sono una organizzazione para-francescana, pacifica, multicolore, rivolta al bene del prossimo, bollata da quegli imbecilli dell’ONU come “organizzazione terrorista”. L’articolista del Messaggero, uno fra i tanti, scrive testualmente: “Il dossier colombiano reso pubblico dal giornale [2] si basa su e-mail e documenti rinvenuti nel computer di Raul Reyes, il numero due della guerriglia, ucciso il primo marzo, dai quali emergono – scrive sempre Repubblica -, «appoggi espliciti, raccolta di fondi, scambio di informazioni con  alcuni responsabili di Rifondazione comunista [3] ».”

Ma guarda! Quando si dice che la gente è maligna! Per fortuna che la Colombia è un Paese dedito alla pastorizia e all’acquacoltura. Pensa che cosa potrebbe pensare la gente maligna se in Colombia ci fossero, ad esempio, coltivazioni di coca e pozzi petroliferi: magari la gente ipotizzerebbe la consistenza di affarucci di natura varia, finanziamenti occulti al partito (forse sarebbe meglio usare il plurale), oppure, con malvagità nazi-fascista, la maligna marmaglia arriverebbe a pensare che la propensione di vaste aree politiche, militanti in area comunistoide, a giustificare e difendere, più o meno velatamente, la diffusione e l’uso della droga, sia in realtà motivata da interessi di ben altra natura, interessi tanto inconfessabili ed osceni, quanto indispensabili a sostenere la loro stessa esistenza politica.

          Scusa Ugolino, – chiedo timidamente dopo il suo silenzio – non credi che se fossero provate le collusioni fra il Prc e le FARC, la magistratura italiana sarebbe già tempestivamente intervenuta per rilevare, accertare e condannare il reato, penalmente rilevante, di sostegno e di complicità con un’organizzazione terroristica, altrimenti rischierebbe a sua volta di essere di essere incriminata di omissione o, peggio, di correità?

Prima mi ha folgorato con uno sguardo carico di indicibile commiserazione, poi ha cambiato decisamente argomento, lasciando che alcune domande continuassero, rimbalzando, a percuotere la mia mente:

°          Perché nessuno fra i dipendenti dell’apparato giudiziario ha indagato e indaga sulle collusioni dichiarate, provate e accertate anche dal governo colombiano, fra la sinistra arcobalena comunistoide e il terrorismo (non solo colombiano, naturalmente)?


°         
Perché su tali compiacenti connivenze, ormai di pubblico dominio, qualcuno fra i dipendenti del suddetto apparato non fa almeno finta di indagare, tanto per giustificare, almeno in parte, il lauto stipendio percepito proprio per indagare, accertare e condannare anche i reati di terrorismo internazionale e nazionale?

°          O forse non si “apre” neppure la fatidica “inchiesta”, destinata comunque ad insabbiarsi come le tante, troppe altre riguardanti il mondo comunistoide, perché s’intende prestar fede ai signori del Prc (tali Ferrero P. e Mantovani R.), che hanno ammesso lo scambio di contatti, ma smentito (poteva essere altrimenti?!) sovvenzioni, scambi e affarucci (come li chiama il Conte) di altra natura?

°          O si deve supporre che l’apparato giudiziario è (non “sia”: “è”) composto in parte da impiegati e funzionari, dipendenti della pubblica amministrazione, che persistono nell’esigere “l’indipendenza” dell’apparato stesso e, quindi, anche personale, mentre in realtà costoro sono di fatto dipendenti e subalterni dell’area politica comunistoide, che, per conseguenza, risulta essere perennemente intangibile e non indagabile?

°          Tutto ciò non significa che la pretesa “indipendenza” dell’apparato e dei suoi adepti si traduce ispo facto in una irresponsabile, sconfinata licenza di fare e disfare ciò che meglio aggrada a sé stessi e a chi, pilotando inchieste e quant’altro, dispone che così sia, senza doverne rendere conto a nessuno?

°          È azzardato supporre che la sbandierata ”indipendenza” dell’apparato giudiziario, ove di fatto albergano numerosi pubblici funzionari dipendenti e subordinati all’area comunistoide, non sia solo una “dipendenza” di pura matrice ideologica, elemento che di per sé sarebbe già sufficiente, in una nazione civile, a disporne la radiazione immediata, ma anche di natura diversa, diciamo più “articolata”?

°          Fino a quando i cittadini, o, se si preferisce, il popolo sovrano, dovrà o potrà tollerare un simile stato di cose?

Senza che me ne rendessi conto, dopo aver conversato blandamente sugli eventi napoletani connessi al campionato di calcio ed altre faccende consimili, tra un calice ad un altro di Médoc, il Conte ed io siamo giunti al dessert e le mie domande, rimaste senza risposta, rimbalzano ancora nella mia mente.



[1] Bice n° 139 “La fiaccola ardente” commento di Maria del 26 agosto 2008 h. 13.50

[2] Trattasi di Repubblica

[3] Inutile specificare “italiana”: è un privilegio solo nostro.

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