Genocidio Armeno

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Per rispetto  dovuto alle vittime e ai Lettori, abbiamo preferito non pubblicare, a corredo di questo straordinario articolo, nessuna delle terribili immagini, presenti in Rete, tragica e inconfutabile testimonianza del genocidio. 

(Francis Brooks-Zarian, Genocidio, acquarello-tempera e china su cartone)


 

Grazie a Papa Francesco, alla sua “franchezza” e al suo “coraggio cristiano” , viene ricordato e condannato il genocidio armeno di cento anni fa.  Anche il Parlamento europeo e il Dipartimento di Stato americano   riconoscono , ufficialmente, il “genocidio” .  Oggi si ripresenta il pericolo della violenza e dello sterminio dei  cristiani.

Il termine genocidio , si discosta dalla parola strage, in quanto il suo fine va ben oltre l’uccisione efferata di più individui, perché intende distruggere anche le tracce culturali oltre che fisiche: è l’annientamento di un popolo, attraverso un massacro sistematicamente organizzato  . La parola genocidio la troviamo,  per la prima volta, in un testo  del giurista e storico polacco, di origine ebraica, Raphael Lemkin, che voleva denunciare gli orrori e i massacri perpetrati, nel XX secolo,  dai turchi nei confronti degli armeni e di quelli, altrettanto violenti e brutali dei nazisti contro gli ebrei, con il famoso ed orrido Olocausto (sarebbe il caso di ricordare anche gli stermini di Stalin contro i suoi nemici politici) . Le Nazioni Unite , nel secondo dopoguerra, hanno ufficialmente adottato il termine per definire e condannare “ gli atti commessi con l’intenzione di distruggere , in tutto o in massima parte, un gruppo etnico, razziale o religioso”. Il genocidio del popolo armeno (un milione e mezzo di bambini, donne, anziani e uomini “assassinati”, massacrati con lucidità e  la massima razionalità-organicità) è stato il primo del XX secolo.  E’ stato seguito dallo sterminio degli ebrei (6 milioni) da parte dei nazisti (Hitler,  a proposito dello sterminio degli armeni, commentava : “ è un fatto di cui ormai nessuno parla”) , dalle violenze e dagli assassinii di Stalin in Unione Sovietica, ed oggi, dai sempre più violenti e sistematici massacri dei cristiani da parte degli integralisti islamici assassini. Quali le colpe, le responsabilità degli armeni ? Nessuna. Assolutamente nessuna. I “Giovani Turchi” “ossessionati dalla purezza etnica –sottolinea la maggiore scrittrice italo-armena, Antonia Arslan- vollero cancellare ogni traccia di una cultura millenaria, come le splendide architetture dei secoli VI-VIII , e  , nel 1915, accusarono gli armeni di essere stati al fianco del più grande nemico della Turchia di allora, la Russia (è vero, soltanto che l’Armenia, allora come oggi, è stata ed è in ottimi rapporti commerciali e di collaborazione con la potente Russia. Anche se la piccola, ma attivissima ed orgogliosa Armenia, durante gli anni dell’Unione Sovietica, è stata l’unica Repubblica a mantenere una propria dignità e autonomia, arrivando anche ad irridere Stalin e l’Unione Sovietica, con giornali satirici, umoristici e con la famosa “Radio Erevan” che mandava in onda trasmissioni durante le quali criticava, irridendo e attraverso la satira, anche i grandi “gerarchi” del regime sovietico, Stalin compreso. L’editore Bompiani, in Italia,  ha pubblicato  quei testi irridenti e graffianti ) .                                                                                                Nel 2015 ricorrono ben tre importanti anniversari della millenaria e gloriosa storia degli armeni, che, va sottolineato, sono stati i primi ad abbracciare, nel 301 –mentre Roma con Costantino lo fece nel 316- la religione cristiana, circondati da territori popolati da intransigenti musulmani.  I tre anniversari sono i 20 anni della Costituzione democratica (1995) , i 25 anni  (29 agosto 1990) di indipendenza dall’Unione Sovietica, e, soprattutto, i 100 anni dall’inizio del genocidio (che cominciò tra il 23 e il 24 aprile 1915), perpetrato con lucida follia e metodi omicidi dai Turchi, “nella quasi indifferenza dell’Occidente”.  Impossibile raccontare in poche pagine la gloriosa e ricchissima storia dell’Armenia e delle sue genti amanti dell’arte, della cultura ( è riconosciuto anche come popolo dei libri,  ha uno strano-bellissimo-artistico alfabeto che sembra un vero arabesco ed è famoso per i suoi oltre 4.000 monumenti e sculture a cielo aperto, con lo splendido complesso della Chiesa di Echmiadzin, il “Vaticano Armeno” e il Monastero di Haghpat , con il Museo del genocidio, il Giardino dei Giusti e il Muro della Memoria: il popolo armeno è sempre stato caratterizzato dalla vivacità intellettuale-culturale , da una naturale nostalgia e da una forte propensione per la memoria ) e particolarmente bravi nell’artigianato , nelle attività commerciali e nel gioco degli scacchi (“sport nazionale” insegnato anche nelle scuole).   Ricordo solo che, nel territorio originario c’era il mitico Monte Ararat , dove si dice che sia approdata l’Arca di Noè, alla fine del Diluvio Universale (oggi l’Ararat è in territorio   turco. Gli armeni, continuano ad averlo come simbolo delle loro bottiglie di Cognac armeno, uno dei migliori al mondo, l’unico che i francesi hanno riconosciuto come cognac al pari dei loro ). Ricordo che il Regno d’Armenia è stato fondato, 2.205 anni fa, nel 190 a.C,  da Artaxias I coadiuvato dal grande generale Annibale, in fuga dai Romani (che, poi, in Armenia si suicidò). La prima diaspora risale al 1071, dopo la sconfitta di Bisanzio da parte dei turchi. Nel 1375 cioè 640 anni fa, cadde il loro regno in Cilicia, provocando la grande diaspora  del popolo armeno. Migliaia di famiglie armene lasciarono la loro terra per la Cilicia. Nel 1454, gran parte degli armeni subirono le angherie dei vari pascià e pagarono enormi tributi. Ma il popolo armeno , anche se costretto a trasferirsi da un territorio ad un altro, mai e poi mai, ha perso la propria dignità, il proprio orgoglio e la propria identità . Tra le ripetute diaspore, vanno ricordati anche i massacri subiti da parte dei turchi di religione musulmana (mentre gli armeni, ricordo, per primi al mondo,  hanno abbracciato il Cristianesimo) , nei secoli . In particolare i grandi Massacri del 1894-1896, cioè 120 anni fa , che hanno preceduto il genocidio del 1915 , con oltre un milione e mezzo di armeni massacrati dai nazionalisti turchi: dei 10 milioni di armeni esistenti a fine Ottocento , ne sono sopravvissuti otto milioni (3  in Armenia, 1, 2  in Russia, 1,5  negli Stati Uniti a Cuba e in Siria e oltre 4.000 in Italia, soprattutto a Milano –molti sono liberi professionisti e fortunati operatori commerciali- e a Venezia, dove nell’Isola di  San Lazzaro degli Armeni , detta “Armenia in miniatura”, si trova il bellissimo Monastero dell’Ordine Mekhitarista, centro di spiritualità, di arte e cultura) . Sul dramma del popolo armeno sono stati scritti romanzi e saggi, sono stati girati documentari e  film di grande suggestione.          Tra i libri , il famoso “ i 40 giorni del Mussa Dagh” di Franz  Werfel, del 1929, vero e proprio racconto epico della resistenza degli armeni  e del criminale genocidio da parte dei turchi. Poi, nel 1933 –ristampato in questi giorni dall’ “editore Mondadori”- “Charlotte”  di David Foenkinis e “ I giardini di Silihdar” di Label Essayan.  Tra i documentari “Screamers  is a 2006”  di Carla Garapedian (2006) e “Memoires” di Avedis Ohanian  (2006) e “Storie senza storia” di Paolo  Facco e Federico Rorato ( 2008).  Tra i films “Mayrig” e “Quella strada chiamata paradiso”  di Henri Verneuil (1991 e 1992), “Ararat” di Atom Egoyan (2002),  “La masseria delle allodole” (ricavato dal bellissimo libro omonimo di Antonia Arslan)  dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani  ( 2007), “Assignement Berlin- Missione a Berlino” prodotto da Hrayr Toukhanian, che ricostruisce e racconta il processo a Tehlirian, l’armeno che uccise il Gran Visir Mehmet Tal’ at Pascià, conside
rato uno dei massimi responsabili del genocidio armeno del 1915-1917, ed ora “il padre” di Fatih Akin , nelle sale cinematografiche italiane,  in questi giorni.                                                     Negli ultimi anni, la politica della Repubblica di Armenia , paese senza alcun sbocco al mare, con un Parlamento di stile occidentale, libero e democratico, è sempre più orientata verso l’integrazione con le istituzioni europee. E’ aderente al programma “Parnership for Peace” della NATO e al Consiglio d’Europa, ufficialmente entrata nell’ONU (da 2 marzo 1992). Ben 21 diversi Stati (tra cui l’Italia) hanno riconosciuto e condannato il genocidio armeno  ( o massacro armeno o olocausto degli armeni) ad opera dei “Giovani Turchi”.  Tutti  questi Paesi intrattengono  ottimi rapporti di amicizia e collaborazione con l’Armenia.  Ciò anche grazie  agli armeni fuggiti dal loro Paese nelle diverse diaspore e presenti in Occidente (ma sempre legati alla loro terra d’origine) , come la cantante americana Cher, il francese Charles Aznavour, la star americana Kim Kardashian, il fotogiornalista Eric Grigorian,  il musicista Jordi Savall,  il pianista-compositore  Tigran Hamasyan, il tennista Andrè Agassi, l’attrice cantante Marie Laforet, il regista canadese Atom Egoyan, il miliardario Kirk Kericorian, la scrittrice-docente universitaria italiana Antonia Arslan.                   In occasione del centenario del genocidio degli armeni (che cade il 24 aprile 2015), altri libri , altri film sono stati dedicati alla travagliata ma sempre gloriosa storia del popolo armeno, che, si dice, abbia avuto come progenitore Haik, discendente di Noè, che, dopo avere sconfitto il re assiro Nimrod, presso il Lago di Van, nell’attuale Turchia, per primo si stabilì con il suo popolo ai piedi del Monte Ararat.                                 Tra i libri, appena pubblicati, due in particolare: il bellissimo romanzo “Il rumore delle perle di legno” , che conclude la romantica, emozionante trilogia della scrittrice italo-armena Antonia Arslan.  E’ uno dei libri più belli       e poetici pubblicati in Italia, negli ultimi anni, dove “ i ricordi, usciti dalle loro scatole, dialogano nel cuore e prendono possesso della mente”. E’ pura poesia del  quotidiano, dove anche il titolo si ispira ad una memoria  della protagonista , quando era bambina, che ricorda: “ il signor Giacomini vendeva caffè, liquori e tabacchi, ma anche paste dolci di dubbia qualità, diceva mamma Vittoria. D’estate davanti alla porta aperta, pendevano lunghi fili di perle di legno, che oscillavano al vento, se c’era, altrimenti facevano un piccolo rumore dondolante, quando si toccavano, come un fremito che si propaga lentamente lungo i fili. Non si poteva entrare inosservati” . Con i precedenti due titoli della Arslan,  “La masseria delle allodole” e “La strada di Smirne”, è un libro “sinfonia sulla memoria e sulle passioni per le storie”.                                 Il secondo libro, appena pubblicato dall’ editore “Laterza” ,  da leggere e rileggere, è il saggio “ La strage dei cristiani. Mardin , gli armeni e la fine di un mondo” di Andrea Riccardi, fondatore della “Comunità di Sant’Egidio”, storico del mondo contemporaneo, del Cristianesimo,   docente universitario e già Ministro della Repubblica Italiana .  Ricostruisce, documenta e racconta , con intelligenza e dovizia di particolari, le persecuzioni contro gli armeni e i cristiani, in Medio Oriente. Purtroppo, ancora attuale. Oggi più che mai. Si parte dalla magica città turca di Mardin, dove gli abitanti musulmani e cristiani erano fratelli e vivevano insieme, in pace e collaborando.  Poi, la violenza, l’odio sono esplosi (sicuramente  pilotati). Così che “alla fine del mese di ottobre 1915, lo sterminio dei cristiani di Mardin, sembrava essere concluso. Tuttavia un centinaio di persone vivevano ancora: erano vecchi, donne anziane, infermi. Il turco Bedreddin fu preso da zelo: “Spazzateli via, e che non ne rimanga nemmeno uno”. Con questi cento sopravvissuti fece un convoglio che, deportato nel deserto, sparì per sempre” . E viviamo , con dolore e piena partecipazione, il regno del terrore. Tra l’altro, si legge:  “ a Mardin si vede in modo chiaro come il massacro degli armeni si sia allargato agli altri cristiani” . Ed è fortemente ripreso proprio  ai nostri tempi, nei giorni attuali.  Nel capitolo “L’appropriazione dei beni”, tra l’altro , Andrea Riccardi, scrive: “ Il governo ottomano aveva approntato specifici strumenti giuridici per smantellare il patrimonio degli armeni (e impossessarsene) e per favorire un vasto progetto sociale “ .  Il documentato saggio di Andrea Riccardi ci fa rivivere- con orrore-  le deportazioni, i massacri, gli sgozzamenti, i rapimenti , le violenze sulle donne, la vendita delle donne e dei bambini. Su tutto, domina la domanda ma da dove è venuta questa crudeltà? Come è stato possibile? Domande che, purtroppo, dobbiamo farci anche oggi davanti alle sempre più violente e cruente campagne di assassinio  a danno dei cristiani. Domande che dobbiamo porci anche davanti   all’orripilante episodio dei migranti musulmani che –giovedì 16 aprile- hanno gettato a mare i cristiani, che erano su una barca di disperati diretti verso il nostro Paese, che è, da sempre , la capitale cella cristianità.  Questo orribile episodio, ci svela una realtà ancora più drammatica. Come denuncia, Aldo Cazzullo, ci fa temere che la propaganda e l’incitamento alla violenza dell’ISIS abbia risvegliato e potenziato “sentimenti ancestrali che dormivano da generazioni. Un misto di radicalismo islamico, di odio etnico, di rivalità religiosa, di risentimenti postcoloniali”. E vittime non siamo solo noi occidentali ma anche loro, i loro compagni di sventura”.                                                                                                                              Tra i film, “Il padre” di Fatih Akin, che, ispirandosi alla poesia dei registi Sergei Parajanov (“il colore del melograno” del 1968) e  Andrej Tarkovskij  (“L’infanzia di Ivan” e “Andrej Rublèv”) , racconta e denuncia l’eccidio programmato a tavolino del Giovani Turchi. Racconta le vicissitudini del giovane fabbro armeno Nazaret Mandogian che, miracolosamente, si salva ma perde le corde vocali , troncate da un demoniaco assassino ottomano. Se pure muto, dedica tutta la sua vita nella ricerca delle due figlie, sopravvissute come lui. Passa da un Continente all’altro, finchè le ritrova e si ricongiunge con loro. Come “La masseria delle allodole” , è un film che racconta poeticamente una storia privata , sullo sfondo della Storia con la S maiuscola.  E’ un film kolossal, un affresco storico tra due Continenti, mirabilmente raccontato dal regista tedesco, di origini armene, Fatik Akin , noto soprattutto  per il pluripremiato film “La sposa turca” .

Ma la “bomba” relativa al genocidio che, negli anni 1915-1917, ha portato al massacro di oltre un milione e mezzo di armeni  trucidati  ( su 2.100.000 armeni che vivevano in Turchia)  da parte degli ultranazionalisti “Giovani Turchi”, è esplosa dopo l’intervento di Papa Francesco di domenica 12 aprile 2015: dopo la netta presa di posizione di Papa Woytila, a Etchmiadzin,  del 2001, Papa Francesco, in occasione della proclamazione a  dottore della Chiesa del mistico armeno San Gregorio di Narek, alla presenza del presidente della Repubblica d’Armenia, Serzh Sargsyan, dei  tre Patriarchi Karenin II, Nerses Bedros XIX Tarmouni e
Aram I e ai fedeli armeni provenienti  da tutto il mondo, ha ricordato e condannato il genocidio armeno, primo tra i genocidi del XX secolo (alludendo a quelli di Hitler contro gli ebrei e i 6 milioni di morti nell’olocausto e i milioni di russi assassinati da Stalin) . Ha sottolineato che è doveroso ricordare le vittime armene, “perché dove non sussiste memoria il male tiene ancora aperta la ferita”. E proprio i nostri giorni sono caratterizzati, purtroppo,  da una serie di mattanze , in una “terza guerra mondiale a pezzi ”,  che il Pontefice continua ad evocare in una “sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale” . “Quando vediamo quei poveretti in ginocchio vestiti di arancione, ricordiamo che gli armeni venivano impiccati vestiti di bianco: rituali costruiti per intimidire”.      Di rimando ,  mercoledì 15 aprile, l’Europarlamento ha approvato una risoluzione che riconosce il genocidio degli armeni, rende omaggio alla memoria del milione e mezzo di vittime ,  deplora “ogni tentativo di negazionismo” e chiede alla Turchia di “approfittare del centenario” del 24 aprile come opportunità per riconoscere il genocidio” . Sempre mercoledì  15 aprile 2015, il Dipartimento di Stato americano (Paese notoriamente vicino alla Turchia, anche per gli ottimi rapporti di collaborazione commerciale) , ha ufficialmente riconosciuto e condannato  il genocidio armeno. Sempre mercoledì 15 aprile, l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri della Unione Europea , Federica Mogherini, ha ricordato al presidente turco che “la normalizzazione dei rapporti con l’Armenia” costituisce un requisito indispensabile per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea” Per tutta risposta il presidente turco , ammonendo il Santo Padre “a non ripetere i suoi errori” , ha commentato (in modo arrogante) che “ il voto dell’Europarlamento entra da un mio orecchio ed esce dall’altro perché la Turchia non può riconoscere un tale peccato o un tale crimine”. Lo stesso Recep Tayyip  Erdogan,  ha fatto una vera e propria requisitoria contro “i politici e religiosi che si mettono a fare gli storici” e “non dicono delle verità, ma stupidaggini”. La perla finale del presidente Erdogan, si riassume nella sua minaccia ad espellere  dal “suo Paese  i circa centomila lavoratori immigrati armeni”.  La Santa Sede, negli ultimi giorni, proponendosi di fare decantare le polemiche (mentre apre i suoi Archivi , dove nel volume “La questione armena” sono raccolti preziosi documenti dell’Archivio Segreto  con anche  la Lettera di Benedetto XV a Maometto V –citata da Papa Francesco- nella quale si cercava di fermare i massacri ), auspica che tra l’Armenia e la Turchia possa avvenire un chiarimento ed un riavvicinamento ,  “aprendo la strada a una autentica riconciliazione tra il popolo turco e il popolo armeno” per un comune futuro di possibile convivenza. Ma sempre, dopo avere riconosciuto  il genocidio armeno, di cent’anni fa.  

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