Finisce a tarallucci e vino

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La difesa di Guerlin Butungu, condannato a 16 anni per gli stupri del 26 agosto 2017, presenterà domanda di revisione del processo,  sulla scorta di nuove prove secondo le quali l’assistito,  non in grado di capire l’italiano, era stato interrogato senza l’ausilio dell’interprete. Ora, se venisse accolta l’istanza si arriverebbe ad un nuovo processo che potrebbe ribaltare la sentenza. Butungu forse non capirà molto  bene l’italiano ma, in questo caso,  l’espressione “Finisce a tarallucci e vino” gli  sarà chiarissima.  

Quanto avvenne sulla spiaggia di Miramare di Rimini  la notte fra il 25 e il 26 agosto del 2017  destò scalpore per la ferocia  dell’aggressione sessuale, per la giovanissima età dei quattro violentatori, tre dei quali minorenni… Destarono meraviglia, diciamo, anche  le parole di Carmen Di Genio, avvocato del Comitato Pari Opportunità della Corte d’Appello di Salerno, che commentando l’arresto di Guerlin Butungu, unico maggiorenne del branco, fra le altre cose ebbe a dire «Non possiamo pretendere che un africano sappia che in Italia, su una spiaggia, non si può violentare una persona, perché lui probabilmente non lo sa nemmeno, non lo sa proprio».

(Link all’intervento https://youtu.be/azh39onJL8A?t=174).

Ora, a cinque anni di distanza, la vicenda torna agli onori della cronaca perché il pool di avvocati difensori di Guerlin Butungu, congolese in Italia con lo  status di  rifugiato, riconosciuto colpevole degli stupri del 26 agosto 2017 e condannato a 16 anni, beneficiando del rito abbreviato,   presenterà domanda di revisione del processo,  sulla scorta di nuove prove secondo le quali il loro assistito non fosse in grado di capire bene la lingua italiana e, nella Questura di  Rimini e successivamente in carcere a Pesaro, alla presenza del Pubblico Ministero, fosse stato interrogato senza l’ausilio dell’interprete.

Brevemente, un riassunto dell’accaduto: il 26 agosto, una coppia polacca viene aggredita sulla spiaggia di Miramare di Rimini: derubato, selvaggiamente picchiato il giovane, colpito al capo e lasciato tramortito a terra, derubata e violentata la ragazza. Ricoverati in ospedale (la giovane donna vi rimarrà qualche giorno) sono in grave stato di choc e possono  solo raccontare di essere stati assaliti  da quattro persone che si sono accanite su di loro; con inaudita violenza, come indicarono i sanitari e le autorità inquirenti.
Quella notte, poco dopo l’episodio di cui sopra, a subire violenza fu un transessuale peruviano, anch’egli stuprato dai quattro, derubato, lasciato ferito e sanguinante a terra.
La testimonianza di quest’ultimo sarà preziosa per gli inquirenti.  Grazie alle indicazioni da lui fornite, infatti, si poté risalire ai colpevoli. Dopo una settimana di indagini serrate, sia per  la lucida ricostruzione del transessuale, sia per la confessione di tre degli indagati, due fratelli marocchini, 15 e 16 anni, convinti dal padre ad andare dai Carabinieri,  e dell’altro complice, un  diciassettenne nigeriano, si arrivò all’identificazione e all’arresto anche di Guerlin Butungu, di origine congolese, unico maggiorenne del gruppo. Era scappato dopo il fatto, aveva provveduto a disfarsi del cellulare,  acquisendone uno nuovo… fu fermato il 3 settembre 2017 dalla Squadra Mobile di Rimini, poco dopo essere salito su un treno; era  senza biglietto, in compenso era armato  di coltello… evidentemente considerato utile per chi viaggia, più del biglietto.

Il resto è noto: processato per direttissima, con rito abbreviato, fu riconosciuto colpevole di 12 capi d’imputazione e condannato a 16 anni. I suoi complici, grazie anche alle cui testimonianze, si poté arrivare a Guerlin Butungu, ebbero condanne minori, nove anni.
Ora, se venisse accolta l’istanza  dei suoi avvocati difensori, si potrebbe arrivare ad un nuovo processo che potrebbe anche ribaltare la sentenza.
Butungu potrebbe, pertanto, anche tornare libero. Forse non capirà molto  bene l’italiano ma, in questo caso,  l’espressione “Finisce a tarallucci e vino” gli  sarà chiarissima.  

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Una risposta

  1. Sassi che il mare ha consumato

    Mutuando l’espressione da una famosissima canzone di Gino Paoli mi verrebbe da dire ” sassi che il mare ha consumato ” , riferendomi alla tematica della legislazione penale ed all’amministrazione della giustizia in Italia.
    Ne ho parlato tante di quelle volte che diventa quasi impossibile non ripetersi.
    Ho usato il termine malagiustizia sia con riferimento al corpo normativo, cosiddetto codice Rocco, che risale al ventennio fascista, sia con riferimento alla gestione pratica del sistema punitivo italiano.
    A monte abbiamo una legislazione ormai vetusta che dimostra tutti gli anni che ha, quasi un secolo, e che è stata stravolta da quasi 30 anni da disposizioni normative ipergarantiste, tutte volte a tutelare il reo a discapito della vittima dei reati.
    Disposizioni normative che hanno reso sempre più soft il sistema punitivo a volte offendendo i parenti stretti delle vittime e facendo rivoltare nella tomba i morti ammazzati .Ma non è soltanto un problema di carenze normative.
    Nel passato recente ed anche attualmente abbiamo a che fare con magistrati estrosi e con giudici di sorveglianza estremamente benevoli che rendono ancora più soft un sistema penale sempre meno punitivo e rivolto unicamente al recupero sociale ed alla redenzione del reo.
    Dovrei parlare di giudici legibus soluti , che mettono a volte tre anni per la scrittura delle motivazioni di una sentenza agevolando il decorso dei termini prescrizionali che sono diventati sempre più brevi soprattutto a causa delle leggine ad personam partorite nel quasi ventennio berlusconiano ma non solo.
    Poi ci sarebbe da dire molto sul malvezzo di molti magistrati di essere sempre meno presenti nelle aule di giustizia e sempre più presenti nelle TV nel malcelato intento di entrare in politica sfruttando la posizione di prestigio che si occupa ed il metus reverentialis che ne deriva.
    Vi sarebbe da dire molto anche sulla politicizzazione dei magistrati.
    Espressi l’avviso qualche tempo fa che tutti i magistrati dovrebbero esprimersi attraverso le sentenze e dovrebbero gestire il loro ruolo scevri da passione politica o da interessi personali.
    Non dovrebbero dividersi in correnti mutuando dalla politica il vizietto ed avallando così facendo l’accusa di politicizzazione che parte dell’opinione pubblica rinfaccia loro.
    Ricordo tra i tanti il caso Palamara che ha gettato pesanti ombre sull’amministrazione delle giustizia e sulla imparzialità e terzietà della magistratura.
    Entrando nel caso che ci riguarda ritengo assurda la richiesta di revisione del processo per violazione delle norme poste a tutela della difesa dell’imputato.
    E questo perché la condanna è stata comminata in un processo per direttissima e con patteggiamento il che presupporrebbe la confessione da parte del congolese di aver commesso i reati ascrittigli.
    Ritengo ininfluente il fatto che il congolese non conoscesse l’italiano.
    Ricordo che il patteggiamento ex art 444 c.p.p. è un accordo tra imputato e Pubblico Ministero, che autorizza il giudice ad irrogare senza un dibattimento una condanna più mite all’imputato ( 16 anni di reclusione infatti sono ben poca cosa tenendo conto dell’efferatezza del gesto criminale ).
    Voglio solo augurarmi che, nella malaugurata accoglienza dell’ istanza di revisione del processo , la Corte di Assise ribadisca la condanna.

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