In questo periodo difficile per il nostro paese si parla tanto di ridurre i costi della politica. Dopo tante parole, spesso spese senza cognizione, Confcommercio Imprese ha realizzato uno studio economico serio sull’argomento. Primo dato da cui partire è il costo annuo per le casse nazionali dei nostri rappresentanti politici. In complesso costano 9,1 Miliardi di Euro. La cifra riportata così, senza alcun riferimento alla vita quotidiana di noi tutti, appare sì elevata, ma non esosa. Per ricollegarla alla realtà Confcommercio ci dice che corrisponde a “circa a 152 Euro per cittadino italiano”. Tentiamo un esercizio matematico: da più parti si ventila l’ipotesi di una riduzione della rappresentanza politica (circa 154.000 poltrone) mediante un taglio di circa 1/3 dei seggi; 1/3 di 9,1 Miliardi quant’è? Circa 3 Miliardi di Euro. Sempre secondo Confcommercio già da solo questo provvedimento “consentirebbe di ridurre dello 0,8% l’irpef di 30 milioni di italiani o di elargire 2.900 Euro a tutte le famiglie sotto la soglia di povertà”.
Come ottenere questo risultato? Cominciamo evitando qualsiasi discorso demagogico. Ridurre i parlamentari di 1/3 è auspicabile, ma 300 nostri rappresentanti su 154.000 sono una goccia nel mare. Pertanto è necessario agire anche sulle amministrazioni locali. Primo ragionamento: è più utile eliminare le Regioni o le Province? Forse entrambe. Senza ombra di dubbio le province sono da ridurre, tagliando tutte quelle nate negli ultimi anni e prive di utilità. Si potrebbe usare il criterio impiegato dalla maggioranza ad agosto per individuare le province da colpire, vale a dire tutte quelle con meno di 300.000 abitanti (sono circa 35). Ma è necessario rivedere anche il concetto di “regione”, individuando macro aree, massimo 5 o 6, che fungano da organo coordinatore tra stato centrale e ambito locale e dove i governanti siano individuati tra i presidenti delle province di quella macro area e quindi senza sommare alcuna altra indennità regionale. Questi provvedimenti non solo sarebbero a costo zero ma consentirebbero di avvicinarsi ai dati pubblicati da Confcommercio; trasmetterebbero fiducia al Paese. Peccato che la classe dirigente si ispiri al “panem et circenses” di neroniana memoria.