“E va bene così … senza parole!”[1]
(La vita non ha ferite abbastanza profonde da far si che la speranza muoia…
Francesca Zangrandi)
Lontana anni luce la giustizia in Italia sembra più un concetto astratto che un diritto a cui tutti devono e possono attingere.
Seguiamo ormai stancamente le vicende del Presidente del Consiglio Berlusconi con le sue presunte storie ed elargizioni a ragazze “disinibite” ed in cerca di facili e rapidi guadagni, siamo investiti dalla lordura delle accuse delle opposizioni che usano queste storie private messe in pubblico per scardinare Berlusconi dal suo ruolo[2] e non ci accorgiamo che ci stanno ancora una volta togliendo i nostri diritti.
La sanità viene svuotata di ruoli e di contributi, le persone bisognose vengono continuamente mandate in giro per ribadire e vedere riconosciuti i propri diritti, mentre i soliti furbastri hanno preso per anni soldi e avuto per tantissimo tempo agevolazioni che dovevano avere, rubandoli a persone disabili, anziane o non abbienti. Anche dopo la morte![3] Tutto ciò grazie a medici compiacenti e uffici inutili e corrotti.
Tutto ciò non va. Quello che è peggio in tutto ciò è che continuiamo a vedere quello che ci vogliono mostrare, senza apprendere con spirito critico le notizie, senza usare il nostro pensiero, senza confrontarci e magari avere un’opinione differente. Ma peggio ancora nessuno si pone il problema di evidenziare che il caso Ruby e il caso condominio dell’Olgettina sono solo un gossip politico orchestrato ad arte per problemi che i comuni mortali non hanno e per distoglierci da tutto il resto che invece – purtroppo – conta.
Vi sono indagini della Magistratura in atto, vi sono state votazioni parlamentari che tutto questo can can mediatico venisse relegato nelle giuste sedi e si parlasse di altro.
In tutta Italia è cambiata la normativa sull’autocertificazione per l’esenzione del ticket. Non sarà più attuabile al momento della richiesta della visita medica, ma è diventata annuale o illimitata a seconda dei casi. Il tutto va completato entro il mese di aprile 2011.
Ma di tutto ciò si è letto solo un trafiletto in angolo in alcuni quotidiani locali[4] e non mi è sembrato che se ne sia dato il giusto risalto ai telegiornali. Eppure senza questa documentazione le prestazioni diventerebbero a pagamento a carico dell’utente.
Non si parla nemmeno della revisione in blocco di tutte le pratiche di invalidità civile e dei portatori di handicap. Un nutrito gruppo di persone, di cui molte disabili dalla nascita, costrette a girare per rifare visite mediche specialistiche i cui referti sono da portare all’Inps per vedere la propria posizione riconosciuta. Teniamo conto che i disabili non abitano tutti in città, ma anche in provincia e sono tutti costretti a venire a Modena per completare l’iter burocratico.
Trovo sia indegno in un contesto civile e tanto sensibile alle esigenze del prossimo un comportamento simile. Mancanza di sensibilità, di informazione, di soluzioni atte a dare il meno disagio possibile a chi la vita ha dato una situazione psicofisica che non rientra nelle condizioni considerate normali. Prendiamo ipoteticamente il caso di un disabile di circa mezza età che vive con i genitori anziani, magari pure loro acciaccati, residente in provincia. Si vede arrivare questa lettera di revisione dello stato di invalidità e già è un dramma per questi poveri genitori che oltre il danno dalla vita si vedono beffati pure dalla società. Costretti nuovamente a girare tra ambulatori, medici specialisti e uffici perdendo un sacco di tempo e con notevoli disagi.
Certo non è giusto che chi non ha diritto alla previdenza la riceva, ma trovare un sistema meno “invasivo” per fare questi accertamenti?
E che dire dell’esenzione al ticket? Quanti anziani si troveranno dal 1 maggio sprovvisti di questo beneficio?
Però di tutto questo nessuno parla, anche a Modena stiamo a guardare problemi risibili o comunque meno contingenti, la crisi c’è e la disinformazione dilaga e io rimango sempre più senza parole. Trovo che la provocazione lanciata su questo settimanale di annullare le schede a questo punto sia la soluzione più intelligente, perché siamo arrivati a non avere nessuno che ci rappresenta veramente né a Roma né a Modena.
[1] http://www.youtube.com/watch?v=h3BLi9h-Ygw Vasco Rossi.
[2] Il mio personale parere è che le vicende miserrime private (se vere) sono affari di chi le compie e non di tutta una nazione. Ciò quando queste vicende non vadano contro la legge e non ledano l’immagine di una nazione.
[3] Malata di tumore vince il ricorso. La famiglia: vogliamo chiarezza.
AVEZZANO.Questa è una storia di malasanità e malaburocrazia. Che ha avuto come protagonista una donna malata di tumore. Per la Asl Avezzano-Sulmona-L’Aquila non aveva diritto all’indennità di accompagnamento. Lei, 46 anni, ha lottato contro il male e per la giustizia. Ma solo dopo morta si è vista riconoscere un diritto. Dopo la sentenza firmata dal giudice Giordano, la battaglia è stata raccolta con amore e dignità dalla sorella della donna. Perché la famiglia vuole avere chiarezza – ha presentato un reclamo scritto alla dirigenza della Asl Avezzano-Sulmona-L’Aquila per sapere come ha agito la commissione medica – e perché vuole evitare che altri malati vadano incontro a un uguale destino. «Mia sorella aveva appena 46 anni», racconta, «il 18 marzo 2009 fu operata al seno per un carcinoma. Come da prassi, fece domanda per l’indennità d’accompagnamento, e il 29 aprile, si recò in visita alla Asl con tutta la documentazione sanitaria richiestale. Nonostante le fu riconosciuta l’invalidità al 100% e la legge 104/92, si vide rifiutare l’indennità d’accompagnamento che spetta, secondo la legge 18/80, al malato oncologico nel periodo in cui si sottopone a chemioterapia (le cure erano già iniziate, ndr). Con l’Associazione nazionale mutilati e invalidi civili di Avezzano cominciò il ricorso in tribunale per vedere riconosciuto un proprio diritto. Purtroppo dopo otto mesi e prima che cominciasse la causa morì. Ho continuato il suo ricorso», prosegue la sorella della donna, «e il tribunale di Avezzano, dopo aver incaricato un perito per stabilire se l’indennità di accompagnamento le spettasse o meno, vista la gravità della malattia, mi notificava l’esito del ricorso il 17 novembre 2010. Mia sorella avrebbe dovuto avere anche l’indennità di accompagnamento e di conseguenza ha condannato l’Inps anche al pagamento di tutte le spese. In pratica aveva vinto la causa e quindi le veniva riconosciuto quanto già stabilito dalla legge. Sono convinta che se mia sorella fosse stata “”la figlia o la moglie di”” questo non sarebbe accaduto. L’aver visto riconosciuto un diritto mi rende fiduciosa nella giustizia anche se non riporterà in vita mia sorella. Il mio augurio è che in futuro i medici preposti siano più attenti a tutte le patologie, in particolar modo a quelle oncologiche, anche con una più precisa applicazione delle leggi vigenti. A un malato oncologico che deve lottare ogni giorno, fra viaggi, visite, cure, ansie e paure, in un Paese civile certi problemi andrebbero risolti senza neanche doverne parlare». La famiglia è assistita dall’avvocato Evelina Torrelli.
[4] Eccone un esempio http://linformazione.e-tv.it/archivio//20110202/08_MO0202.pdf