La nota recente iniziativa di Beppe Grillo ha messo in evidenza il forte desiderio di un nuovo sistema di governo che si allontani dal tradizionale mondo della politica basato sui partiti, evidentemente antiquato ed inadeguato, oltre che terribilmente deteriorato.
Si presenta allora la possibilità di aggiungere, dapprima, piuttosto che sostituire od eliminare, nuovi istituti che si affianchino a quelli esistenti per avviare un successivo e definitivo, stavolta costante e regolare, processo evolutivo.
Quando sono nate le nostre democrazie, contestualmente sono comparsi i partiti politici. Si è trattato di un duplice fenomeno collegato che probabilmente fu quanto di meglio possibile a quel tempo. Ora: la nostra evoluzione sociale è basata sul maggior affinamento percettivo ed espressivo che riusciamo ad acquisire e sul mutamento delle condizioni generali, a partire dai più progrediti strumenti tecnologici di cui si giunge a disporre. Se nei tempi andati i partiti politici riuscivano, data la generale arretratezza culturale e tecnologica, a dare una risposta accettabile alle istanze sociali, da lungo tempo, ed ancor più oggi, il sistema politico basato sui partiti, dato il generale avanzamento avuto dalle nostre società, non è più considerabile adeguato.
Innanzitutto i partiti, dividendo la società in blocchi contrapposti, dimenticano che qualsiasi organismo, anche quello sociale, per funzionare deve avere una coesione di elevato livello tra tutti i suoi individui. Gli stessi loro statuti spesso impongono una appartenenza esclusiva al singolo partito, vietando la partecipazione ad altre realtà politiche, quindi automaticamente escludendo le percezioni, le sensibilità, le necessità, in somma le ragioni, dell’altro. Questa visione parziale crea un clima di continua, generale incomprensione, diffidenza ed astio, che di regola impedisce un funzionamento equilibrato e corretto e nei momenti più critici non può non sfociare in manifestazioni di vera e propria collera e violenza.
Ed infatti, in ultima analisi, i partiti pensano ed agiscono basandosi, più che su ogni altra cosa, sulla forza esercitabile dalla massa fisica risultante dalla somma dei corpi dei loro singoli associati. Essi non impostano la loro esistenza su qualità come sensibilità, razionalità, obiettività, e quindi su ciò che è giusto, e su come sia più opportuno, intervenire, bensì propriamente esercitando una forza con la loro massa: “”l’unione fa la forza”” non a caso è il detto dal quale essi traggono più ispirazione. E così la società non risponde genuinamente alle varie situazioni, bensì semplicemente s’appende dalla parte dove si raggruppa il maggior numero di persone.
Senza dimenticare che i partiti sono entità votate alla crescita continua. Mai vi potrà essere un partito che si autolimiti in dimensioni o perseguimento del potere. Questo a prescindere da quali siano le reali esigenze del tempo. Di fatto il partito pensa ed agisce in modo sbagliato in partenza, concentrandosi su di sè, sul suo peso, sul suo potere, sulla sua struttura, il numero dei suoi associati essendo per essi una fissazione tale da offuscare qualsiasi giusta contingenza d’interesse collettivo. Tutto l’insieme di questi raggruppamenti politici interagisce poi seguendo un primitivo schema basato sulla contrapposizione, ben lungi dal favorire un fluido processo di scambio ed infine di amalgama di idee, vivendo essi una realtà nè più nè meno come quella in cui squadre di calcio si sfidano in un campionato.
Proprio per il loro essere grossi blocchi chiusi e contrapposti, i partiti formano un sistema di governo che dispone di una sensibilità minima rispetto a quella necessaria per un buon andamento della società. Esso è in grado di percepire solo ciò che è ultramanifesto, solo ciò che è divenuto spropositatamente grande e crea già da tempo problemi conclamati, non riuscendo a rilevare gli imprescindibili, delicati, minuti elementi attraverso cui invece si esprime la vita. Ne consegue che tale sistema è lento ad adeguarsi ed a rispondere alle continuamente mutanti esigenze della realtà, di fatto essendo d’ostacolo e non d’avanzamento all’evoluzione della società .
E tacciamo su tutta una serie di altre incongruenze, in certi casi perfino più gravi, una per tutte essendo la dipendenza dei partiti da forti poteri economici per il loro continuo fabbisogno di denaro per affermarsi gli uni sugli altri. Il fatto stesso che queste osservazioni, pur evidenti quanto necessarie, non siano all’ordine del giorno presso i vari centri di riflessione politica mostra in quali condizioni di arretratezza viviamo e quali strade senza uscita stiamo percorrendo. Molti dei difetti che affliggono i partiti essendo estensibili anche alle associazioni e gruppi di supporto alla politica, che dai partiti hanno preso e conservano tuttora metodi e struttura. Ciò che conta ben capire è che i problemi non nascono dai singoli specifici partiti ma dal sistema che essi creano. Per questo non si creda che proporre nuovi partiti e liste civiche sia misura tale da riuscire a risolvere qualcosa. Il sistema di raggruppamento e contrapposizione sui cui essi sono fondati essendo estremamente rozzo, primitivo, tale da produrre sempre più problemi man mano che il tempo avanza. Come porre rimedio a tutto ciò? Questo è un compito ideativo che attende ognuno di noi, chiunque percepisca che il mondo non può cambiare senza cambiare in profondità la nostra organizzazione essendo automaticamente chiamato a rifletterci su. Certo è che possiamo dire fin d’ora che occorre trovare il modo per passare da un sistema di governo basato sulla forza e la competizione ad uno basato sull’intelligenza e la cooperazione. E non potendo noi procedere nel nostro quotidiano percorso rimanendo in alcun momento senza governo, possiamo anche dire fin d’ora che in questa fase iniziale di ristrutturazione della nostra società sarà ben più opportuno aggiungere elementi piuttosto che sostituirne od eliminarne di esistenti.
Il faro più luminoso dal quale possiamo farci guidare in questo processo è certo quello che, soprattutto nell’ambito propositivo, porta a restituire maggiore potere ai singoli cittadini, che, pur nella loro estrema debolezza fisica rispetto alla bruta supremazia del gruppo, dispongono potenzialmente di una sensibilità e libertà espressiva di gran lunga maggiore e di conseguenza di una genialità non raggiungibile collettivamente. Pensiamo alle opere d’arte, alle sculture, ai quadri, alle opere musicali, alla poesia, ai tanti capolavori che non
si lasciano dimenticare nemmeno dopo tanto tempo dalla loro realizzazione. Le ben note vette raggiunte dagli esseri umani nelle varie arti, che ognuno di noi ammira e porta con sè nel cuore, non hanno mai la firma di un gruppo, ma ognuna di un suo proprio autore, di un individuo, di una persona che da sola ha lasciato campo libero dapprima alla sua capacità ricettiva e poi alla sua creatività espressiva. Stessa cosa per tante grandi scoperte nel campo del sapere scientifico.
Ben lungi dall’immaginare di concedere strani poteri agli individui, riteniamo che alcun gruppo pur con tutta la buona volontà dei singoli uniti nel migliore dei brain storming (metodo ottimo, sì, per risolvere contingenze ma certo non per cambi di paradigma), possa eguagliare l’organica creazione delle singole menti, l’armonica visione dei singoli geni creativi. L’idea che invece di far tutti scontenti, perché tutti impoverisce, rende tutti felici, perché tutti arricchisce. Per questo già ora nello specifico ambito propositivo auspichiamo l’aggiunta di un nuovo istituto giuridico in grado di permettere contributi ai singoli cittadini, come ad esempio il “”Mercato delle Innovazioni Sociali”” di recente proposto dal Laboratorio Eudemonia, in cui si prospetta appunto l’idea di un nuovo luogo civico dove sia possibile ad ognuno presentare proprie proposte ed al contempo esprimersi in merito alle proposte presentate da altri cittadini. Tale “”mercato”” potendo rivelarsi un decisivo laboratorio di idee per passare dall’attuale grama situazione ad una nettamente migliore.
Per vedere un giusto, vero cambiamento in ambito governativo, a nostro avviso occorre invece attendere che prima si intervenga sul presente istituto del Pubblico Impiego, abolendone l’assegnazione a vita ed introducendo la rotazione, per permettere a tutti i cittadini che fossero in grado, e volessero, di parteciparvi e fornire un loro contributo.
Una volta stabilizzato il nuovo istituto dell’Equo Impiego Pubblico a Rotazione, si potrebbe allora permettere a coloro che meglio avranno servito la comunità di formare ad un certo punto un collettivo di adeguato numero rivolto dapprima ad affiancare e poi, se il sistema desse i buoni risultati immaginati, a sostituire definitivamente il sistema dei partiti nel compito di governare il loro Paese.
I cittadini, tanto all’interno della struttura pubblica, prestandovi servizio, od all’esterno, usufruendone, potrebbero infatti esprimere una loro valutazione relativa al singolo pubblico dipendente finalizzata ad una futura carica governativa, non durante un delimitato e per nulla rappresentativo momento elettorale, bensì in qualsiasi momento dell’intero periodo di servizio del dipendente. Derivando le persone preposte a governare direttamente da una struttura a rotazione come quella auspicata per il Pubblico Impiego, e trattandosi di singoli individui, si eliminerebbe quella competizione politica, e quella grossolanità intrinseca ad un partito politico, che oggi ci sta letteralmente distruggendo. Si avrebbe al contrario l’ambiente ideale per un giusto giudizio: non più gruppi di persone affiliate che s’impuntano e fanno forza su tutto, bensì singoli cittadini, ognuno avente pari forza dell’altro, che possono cercare e trovare insieme la soluzione giusta per tutti. Tutto ciò mentre il Mercato delle Innovazioni Sociali, con la selezione operata in primis dai cittadini stessi e per il tramite della forte motivazione data da una congrua ricompensa per chi trovasse l’idea giusta, fornirebbe la brillantezza di idee. Praticamente ogni esigenza propositiva popolare potendo venire soddisfatta per il tramite di un simile poliedrico mezzo. Mai è avvenuto che un edificio ben fatto sortisse da fondazioni storte. E così pure mai potremo avere un buon Paese, una buona società, una buona vita, senza aver prima posato rette fondamenta. Riedificando nel giusto, corretto modo le nostre basi, sarà poi facile tirare su ulteriori retti istituti.
Laboratorio Eudemonia
Fonte: http://dopo-i-partiti.hyperlinker.org/