De profundis per la stampa

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Il gruppo di De Benedetti prospera cannibalizzando le altre testate, sminuendo la loro identità e la loro diversità. Sarà forse necessario, ma io lo trovo un impoverimento per la libertà d’informazione. Il De profundis per La Stampa lo intono malvolentieri.

 


Venerdì 3 gennaio, come ogni venerdì, per evitare l’inserto obbligatorio della Repubblica e del Corriere della Sera, ho aggiunto La Stampa alla Gazzetta di Modena e al Resto del Carlino. Sono i quotidiani che accompagnano il rito del caffè al bar e che sfoglio sempre nel medesimo ordine: Gazzetta, Carlino e, infine, il quotidiano nazionale, ma ieri, aprendo la Stampa, ho avuto l’impressione del già visto e del già letto.
“Devo avere ripreso in mano la Gazzetta”.
Invece no, Semplicemente ora i due quotidiani, entrambi di proprietà della Repubblica, hanno le pagine nazionali uguali: stessi articoli e stesse foto.
Era già successo alla gloriosa testata del Secolo XIX, anch’essa finita nel paniere di Repubblica, ma la Stampa è stata per diversi anni il miglior quotidiano italiano, sempre ai primi posti nelle vendite ed ora me lo ritrovo ridotto a foglio torinese, come la Gazzetta è modenese, togliendo ogni utilità di acquisto per chi è di altre regioni.
Il gruppo di De Benedetti prospera cannibalizzando le altre testate, sminuendo la loro identità e la loro diversità. Sarà forse necessario, ma io lo trovo un impoverimento per la libertà d’informazione. Il De profundis per La Stampa lo intono malvolentieri.

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