Credo che mai come in questo momento l’apparato dello Stato dovrà essere attento, quando sarà finita l’emergenza Covid 19, a salvaguardare i posti di lavoro. Senza entrare nello specifico, non basterebbe un tomo di 500 pagine per spiegarlo. Mi limito solo a fare qualche considerazione. Io porrei l’attenzione ai furbetti che in queste sciagure ci sguazzano. Diciamo subito che molte aziende sicuramente non avranno la forza di riaprire e, quindi, andranno salvaguardate le maestranze con adeguati ammortizzatori sociali che non possono essere di certo il reddito di cittadinanza. Tuttavia, ci saranno anche i soliti profittatori che s’inventeranno false perdite o situazioni precarie per ridurre il personale. Se va bene. Altrimenti, chiuderanno per poi riaprire con altri nomi e con altri sistemi di vendita in cui si possa ridurre la forza lavorativa che, come sopra detto, sarà a carico della comunità. Le prossime nove settimane saranno decisive. E, in questo caso, l’informazione dovrà vigilare molto bene, seguendo caso per caso le segnalazioni dei lavoratori eventualmente coinvolti. In questa tragedia, grazie anche a una più ampia libertà monetaria, potremmo, forse (se siamo bravi), uscirne economicamente più forti di prima. Non è forse vero che dopo la caduta del muro di Berlino, la Germania libera ereditò una nazione in miseria? Eppure, nonostante quella palla al piede, i teutonici sono diventati la nazione più potente in tema di economia del vecchio continente. Sappiamone approfittare per riaprire cantieri, costruire autostrade e ferrovie nel meridione, favoriamo le aziende del turismo (grande risorsa) perché il virus passa, ma le bellezze della nostra nazione rimangono: il Colosseo ha resistito per secoli a invasioni barbariche, al Sacco di Roma, ai bombardamenti della II Guerra Mondiale e anche all’incompetenza della sua amministrazione. Nondimeno, e lo ripeto lo Stato deve vigilare attentamente.
Facendo un passo indietro a quando si è cominciato ad avere notizie di quello che accadeva in Cina (e guarda caso in Italia i primi infetti erano cinesi), c’è stato subito una ritrosia nei confronti di chi aveva gli occhi a mandorla. Apriti cielo! I soliti talebani del volemoce bene a ogni costo, inviarono messaggi come se fossero in gara fra loro, sul fatto che non dovevamo rinchiuderci in noi stessi e cadere nella trappola del razzismo. Anzi, dovevamo, secondo loro, abbracciarci e continuare ad andare nei loro e altrui ristoranti, per non avvalorare pericolosi pregiudizi In fondo, si trattava solo di una brutta influenza! Perché la grande informazione non fa un collage di tutte le dichiarazioni di questi saccentoni? Sarebbe divertente! Vale la pena ricordare, infatti, che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è persino recato in una scuola frequentata da bambini cinesi per non alimentare inutili e pericolose intolleranze verso lo straniero. Bel gesto, però, che lo paragona secondo a un altro capo dello Stato Italiano: Re Umberto I nel 1884. Informato, mentre si recava a Pordenone, che la città di Napoli era stata colpita da una grave epidemia di colera, se ne uscì con una frase poi incisa sulla stele a ricordo del triste evento: – A Pordenone si fa festa, a Napoli si muore. Vado a Napoli-. di conseguenza, anche se qualche mente illuminata, ma non ascoltata, faceva vanamente notare che se in una regione della Cina, che ha la stessa densità della nostra nazione, si costruiva a tempo di record un ospedale e si chiudevano l’accesso e l’uscita dall’area contagiata, qualcosa doveva allarmarci. Invece, niente, siamo arrivati lunghi. Tuttavia, ma non è una grande consolazione, c’è chi ha fatto peggio in questa Europa del siamo tutti fratelli del rispetto delle comuni regole dalla lunghezza del cetriolo alla grandezza della vongola, ecc… Adesso, corrono tutti ai ripari additandoci come un modello da imitare, contrariamente all’inizio. Vi ricordate l’uscita della Signora Lagarde? I dubbi avanzati su un nostro eventuale sforamento del patto di stabilità? Ora, è cambiato tutto. Adesso si può fare, anche perché le stesse nazioni in cui l’economia è migliore della nostra, hanno capito che è un’emergenza mondiale, nella quale gli Italiani si stanno comportando al meglio. Tutto ciò, grazie anche a persone che mettono quotidianamente a rischio la propria vita e non vogliono essere chiamati eroi. La parola “eroe” va dosata e soppesata. Non sono, quindi, d’accordo con quanto detto dalla compagnia di navigazione della Diamond Princess sul comandante della nave Gennaro Arma: – E’ un eroe agli occhi di tutti noi che facciamo parte della comunità globale della Princess -, sceso per ultimo dalla nave bloccata per quarantena in Giappone. Credo che anche Arma non voglia sentirsi chiamare così. Quello che ha fatto rientra nel senso del dovere e nella tradizione della nostra valorosa marina. Prevengo l’obiezione: come in tutti i settori, c’è l’eccezione che conferma la regola. L’eccezione non è il comandante Arma, ma il “mitico” Francesco Schettino.
Terminiamo con una nota di colore. Fra la marea di disagi causata dalla forzata serrata in casa, notiamo che nell’inutile pista ciclabile di via Jacopo Barozzi, che è servita solo a far abbassare le serrande a diversi negozi della strada, (sarebbe, infatti, bastato farla dalla parte opposta perché ci sono solo due attività economiche), non si vedono più sfrecciare i soliti e dinamici pusher che recapitano la merce a domicilio.