Il presidente Sergio Mattarella, nel decennale della morte di Francesco Cossiga, ne ha tracciato un ritratto con troppe luci. Per me si scrive ancora Kossiga.
Non dimentico che dal 1966 fu sottosegretario alla difesa con delega a Gladio, di cui aveva fatto parte e che continuò a mantere segreta apponendo degli omissis ai documenti in visione alla Commissione Parlamentare sul Piano Solo, tentativo di colpo di stato.
Era ministro dell’interno quando l’11 marzo 1977 fu ucciso Francesco Lorusso a Bologna in uno scontro con la polizia e Kossiga rispose alle successive proteste inviando i blindati.
Il 12 maggio di quell’anno durante una pacifica manifestazione radicale (non autorizzata perchè Lossiga le aveva vietate tutte per più di un mese) fu uccisa Giorgiana Masi e Kossiga dovette ammettere che erano presenti agenti provocatori.
Sempre come ministro dell’interno, dopo il rapimento di Moro, formò due comitati di crisi, pieni di uomini della P2 e con lo stesso Licio Gelli, con il falso nome di ing. Luciani.
Era presidente del consiglio quando ci fu l’abbattimento dell’aereo a Ustica e iniziò la tragica farsa dei depistaggi.
Fu denominato il ‘picconatore’ per le sue esternazioni nell’ultimo periodo della sua presidenza della repubblica, ma non contribuì mai, davvero, a fare chiarezza sui tanti segreti della vita repubblicana. Kossiga era e Kossiga rimane.