(seconda parte)
Guai ai vinti !
Sicuramente al prossimo congresso del PdL, viste le arie che tirano, i vincitori imporranno agli sconfitti il pesante giogo che si riserva ai vinti secondo una antica e reiterata prassi che contempla «guai ai vinti!». Solitamente ciò consiste nell’infierire pesantemente sullo sconfitto, ma in questo caso, trattandosi di una contesa tra appartenenti ad una stessa “famiglia”, non saranno previste per i perdenti sanzioni patrimoniali, fisiche o psicologiche, ma si tratterà solo di una ridistribuzione dei migliori posti a tavola dai quali gli sconfitti ovviamente verranno esclusi.
«Tutto qui?» si chiederanno in molti. Certo «tutto qui!!» eppure se tutto ciò lo si analizza correttamente non è poi “poca cosa”.
Infatti la nuova mappa post congressuale che evidenzierà quelli che “contano” e quelli che “conteranno” nel prossimo Pdl modenese non sarà stata determinata da una spontanea rivolta popolare contro il “palazzo” sordo e cieco alle sue sacrosante richieste, ma da una rivolta, interna al palazzo stesso, guidata da generali e colonnelli contro dei loro pari grado con i quali da tempo hanno insieme tacitamente o palesemente condiviso privilegi, fortune e linea politica.
Per chiarezza va poi aggiunto che l’attuale presa di distanza di alcuni di questi, dissociandosi dai metodi adottati dal resto della” corte”, non è stato il frutto di un vile tradimento o all’opposto di un virtuoso ravvedimento, ma è la logica conseguenza che impone “l’esercizio del potere”.
Quando questo “potere” avverte che nel sentire popolare prende quota un sentimento di indistinto e diffuso malcontento esso da corso ad operazioni di “rottura” che devono portare ad un suo rafforzamento ed a una sua nuova legittimazione. Se poi questo cambio di atteggiamento non è scontato che incontri un plebiscitario avvallo della base degli iscritti (specie se si prospetta la discesa nella conta di un terzo soggetto politico che potrebbe riservare le classiche sorprese dell’outsider) si ricorre a particolari stratagemmi complice regolamenti e statuto alla mano tutti da “interpretare” o da impugnare da brillanti avvocati.
La denuncia da più parti di un recente strano incremento di tesserati nel partito rafforza conferma questa ipotesi. Quindi la presa del potere all’interno di un partito può determinarsi anche solo come operazioni di alcuni vertici dettate da superiori ragioni di «virtù politica» che deve essere esercitata per evitare vuoti decisionali oltre alla loro perdita di autorevolezza e credibilità. Mentre si tesse tra le quinte questo ordito bizantino ci si chiede come reagisce il popolo. Non c’è ovviamente omogeneità nei comportamenti, anche se , trattandosi di un insieme di “moderati” si suppone che prevalgano coloro che preferiscono la restaurazione del già visto (il gommone che si adatta e assorbe spinte e controspinte e non affonda mai) piuttosto che l’avventura di un percorso tracciato per un ardito veliero che una nuova classe dirigente di giovani forse, per inesperienza, non sarebbe in grado di assicurare “complessivamente vincente”. Ciò avviene tra rassicurazioni e delegittimazioni e come se nulla di importante stesse accadendo si afferma solennemente da parte di un candidato coordinatore provinciale .«All’interno del PDL non esistono nemici, l’avversario politico è al di fuori di noi; è la sinistra nichilista, massimalista, rivoluzionaria e radicale che ha una progettualità disgregatrice sia sotto il profilo morale, familiare, sociale, economico».
Una affermazione incurante sia della presenza di comunicati stampa al vetriolo che si leggono sia dell’assenza di chiari percorsi e di ambiziosi programmi fatti di cose concrete «sotto il profilo morale, familiare, sociale, economico».
Dal saper comunicare al dovere realizzare
Si sa che in tutti i congressi di partito si abbonda di propaganda e di comizi per galvanizzare iscritti, simpatizzanti ed elettori; ma in questa delicata situazione sarà poi indispensabile affrontare i contenuti depurati dalla facile demagogia o dal ricorso agli slogans.
Non basterà elencare le cose da fare, ma perchè sono state scelte proprio quelle e come si intende operare per realizzarle.
La cruda realtà sta dicendo al popolo italiano che probabilmente dovrà abbandonare certe sue radicate convinzioni e forse alcune categorie dovranno ripensare il loro attuale tenore di vita.
Se siamo un paese che ha vissuto al di sopra delle sue reali possibilità significa che si imporrà per tutti “regredire” quel tanto per portarci a livelli di vita più austeri.
Sono argomenti crudi, ostici, impopolari, ma vanno affrontati Certamente i temi riguardanti il lavoro, la disoccupazione giovanile, la sicurezza, l’ambiente, lo sviluppo sostenibile richiedono risposte certe e concrete da una classe dirigente che deve dimostrare, oltre di essere in grado di pensare in grande, di possedere anche la capacità di risolverli.
Il governo della città di Modena
Ma sicuramente il tema centrale che emergerà dal dibattito del popolo del PdL sarà l’obbiettivo rivolto alle prossime elezioni amministrative: quello di conquistare la maggioranza degli elettori per governare la città di Modena che, assieme a Reggio, fa parte delle uniche due realtà capoluogo nell’ Emilia dove la sinistra è al governo ininterrottamente da più di sessantanni.
Questa mancanza di alternanza, dato anomalo per una normale democrazia, pesa su tutta l’attuale classe dirigente del PdL perché se ovviamente non si può condannare chi vince una libera contesa elettorale, al contrario una spietata autocritica è un passaggio obbligato da approfondire da parte dei perdenti.
Su questo punto credo valga la pena soffermarsi.
Cosa abbia combinato l’opposizione alla giunte di sinistra che governarono il comune di Modena nei primi lustri che caratterizzarono il primo dopoguerra sta diventando ormai materia di Storia.
Invece è materia di competenza dell’odierna assise del PdL, l’interrogarsi sugli ultimi diciotto anni che hanno caratterizzato l’attività politica in Modena dei militanti di Forza Italia e di An: praticamente dal 1994 fino ad oggi. Un esame che non può indulgere sulla parte di responsabilità politica riguardante gli insuccessi conseguiti che vanno ridistribuiti tra i vari personaggi di primo piano, che allora erano e ora sono sempre gli stessi e che addirittura si propongono come il nuovo” come i garanti della “riscossa”. L’appello potrà essere incompleto ma non sfugge che ai primi posti dovrebbero essere citati il sen. Carlo Giovanardi, l’on. Isabella Bertolini, oltre gli attuali candidati alla carica di coordinatore provinciale Enrico Aimi e Claudia Severi.
Sintesi impegnative che dovrebbero fare riflettere, ma non è dato prevedere con quale ampiezza e con quale profondità verranno affrontate nel congresso.
La sindrome del “rosso comunista”
Bisogna riconoscere che l’essere subentrati al posto del “pentapartito strategico” ( Dc, Psi, Psdi, Pli, Pri) i cui partiti furono annientati dagli elettori a seguito di tangentopoli non rappresentò nella realtà modenese una ghiotta eredità per le nuove formazioni partitiche del centro destra. Questo dato nell’evidenziare le indubbie doti di “abile animale politico” dei vari Giovanardi, Bertolini, Aimi ed altri, che hanno dimostrato di possedere una notevole capacità di riuscire a riproporsi ottenendo invidiabili consensi elettorali utili per accentuare ed accrescere l’autorevolezza della propria persona, dice pure della mancanza di una loro altrettanta abilità di saperli tradurli in scelte e concrete realizzazioni sul territorio come si aspettano molti dei loro elettori.
Tutte cose queste viste e vissute in questi anni recenti che ci hanno mostrato come la geografia politica mondiale, con il crollo del comunismo nell’Urss, stesse subendo cambiamenti epocali che tuttavia anche i partiti di nuova formazione non seppero cogliere pienamente. Anzi la globalità della classe dirigente dell’attuale centro destra si lasciò coinvolgere dalla sindrome del fantasma del“Pci da esorcizzare” con anacronistiche riproposizioni di “un pericoloso terrore rosso sempre incombente” che se sono appaganti sul piano emotivo risultano poi sterili ed inconcludenti sul piano pratico.
Una sindrome ancora imperante a tal punto da degenerare in una visione cromatica della politica come se esistesse “un metodo rosso” diverso da “un metodo azzurro” da applicare in caso di neve o su tutta una serie di cose concrete che non essendo né di destra né di sinistra richiedono solo soluzioni razionali, sollecite da realizzarsi nel migliore dei modi possibili. Probabilmente approfondire seriamente il ruolo condizionante svolto ai tempi dal Pci nella realtà modenese e quanto quel percorso non sia più percorribile potrebbe risultare utile e forse illuminante per individuare quello che è indispensabile da perseguire oggi da parte dell’opposizione.
(la conclusiva terza parte, verrà pubblicata nel nr. 311 che uscirà martedì 21febbraio p.v.)
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Prima parte
Analisi di un evento che si preannuncia inspiegabilmente vecchio e rinunciatario.
Alla guida saranno mandati gli stessi che da diciotto anni ne hanno condiviso la sostanza politica anche nei suoi aspetti meno brillanti
Il rinvio al 25 febbraio 2012 del congresso provinciale del PdL, a causa della neve, non ha stemperato la tensione, la curiosità e l’attenzione che solitamente si concentra solo nei giorni strettamente a ridosso della apertura di questi eventi politici.
Si deve ad una frastornante guerra di comunicati stampa, in corso in questi giorni tra i dirigenti di quel partito, il permanere di un alta curiosità per quel importante prossimo congresso.
Approfitto così di questa “attualità” per avventurarmi da semplice “osservatore esterno” in una lettura delle luci e delle ombre che stanno caratterizzando questa novità congressuale con l’intento di contribuire a stanare ulteriori riflessioni.
Premessa
Anche il Pdl, come prima Forza Italia, guidato da Silvio Berlusconi è stato un partito leaderistico.
Il passaggio della sua conduzione ad Angelino Alfano implica probabilmente la sua trasformazione in un normale partito dove spetta agli iscritti indicare i percorsi politici più idonei da seguire. Una operazione resa particolarmente complessa dal persistere nella “sala di comando” della decisiva ed ingombrante presenta del dominus Silvio che rischia di trasformare il “promettente nominato” Angelino in una edizione aggiornata del “Re Travicello”. Tuttavia in questa sua titanica impresa l’ex guardasigilli può fare riferimento ad una classe dirigente intermedia che è cresciuta ed eletta a livello locale e che dovrebbe esprimersi con un certo margine di autonomia rispetto al volere del leader carismatico.
Modena protagonista
Il quesito che si pone quindi è come Modena sta rispondendo a questa esigenza di cambiamento che non può essere solo di facciata e se ha tutte le carte in regola per contribuire a concretizzare un tangibile rinnovamento.
Giova ricordare che Modena ed il resto delle città italiane hanno delle loro specifiche caratteristiche storiche, sociali e culturali che le rendono tra loro diverse.
Per questo ogni congresso provinciale di partito dovrebbe portare delle peculiarità e delle conclusioni politiche sul «che fare» contenenti spunti o priorità originali idonee a formare un variegato patrimonio di idee: un apporto partecipato di più voci che poi spetterebbe ad una attento esame, a livello centrale, riuscire a tradurre in una « corale sintesi politica».
E’ quanto il PdL modenese deve affrontare prossimamente: un percorso nuovo richiesto dal primo congresso della sua storia, con un metodo e un approccio alla politica del tutto diverso dalle logiche che lo hanno sin qui guidato quando era un rigido «partito leaderistico» dove praticamente tutto veniva deciso e calato dall’alto.
Lettere di accuse e di varie amenità
Nel frattempo, in attesa che tutto questo si realizzi, come premessa all’apertura ufficiale dei lavori, siamo sollecitati a leggere un fitto scambio di comunicati stampa che i diversi protagonisti in campo hanno pensato bene di indirizzarsi pubblicamente tra di loro.
In effetti la presenza nel PdL modenese di tre candidature a coordinatore provinciale del partito faceva supporre un vivace confronto dialettico interno dettato dalle diversità di proposte e di intenti delle rispettive piattaforme politiche di sostegno a quelle nomine. In questo caso invece si tratta di un cospicuo numero di comunicati inviati dagli appartenenti alla“nomenclatura”del partito modenese nei quali si legge un inaudito scambio di violente legnate fatte di reciproche accuse, di sospetti, anatemi, scomuniche, delegittimazioni, dileggio e varie amenità.
Dunque non è la divergenza sulle strategie o sulle priorità da perseguire il tema che sta tormentando i massimi esponenti del PdL modenese, ma è la prossima “ resa dei conti” al suo interno.
(la seconda parte verrà pubblicata nell’aggiornamento di giovedì 16 febbraio)