Colpo di stato: è possibile?

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“Pagine memorabili del giornalismo italiano” Bice propone ai lettori un florilegio degli articoli scritti da alcuni Maestri del giornalismo italiano.Questo articolo di Pietro Zullino apparve sul settimanale “Epoca”pochi giorni prima della strage di Piazza Fontana a Milano, nel dicembre del 1969

“Pagine memorabili del giornalismo italiano”

 

Bice propone ai lettori un florilegio degli articoli scritti da alcuni Maestri del giornalismo italiano.

Da come essi hanno descritto e interpretato l’avvenimento, emergono e ritornano alla luce pagine memorabili che narrano di eventi indimenticati e si scoprono, in altre pagine, avvenimenti ignorati o sepolti dalla coltre del tempo. Il tutto scritto con maestria inarrivabile.

Questo articolo apparve sul settimanale “Epoca” [1] (AME) pochi giorni prima della strage di Piazza Fontana [2] a Milano, nel dicembre del 1969. L’articolo ha il merito di circostanziare e di spiegare con chiarezza encomiabile la situazione politica di quel tempo; situazione che, con molta benevolenza, si può definire tremendamente ingarbugliata.

Con questa sesta e ultima puntata si conclude la pubblicazione dell’articolo.

L’Autore, Pietro Zullino, nato da padre pugliese e da madre abruzzese, è stato inviato speciale e direttore di quotidiani e periodici. Ha scritto anche numerosi libri di argomento storico.

 

A. B.

 

Che cosa può accadere in Italia [3]

 

Colpo di stato: è possibile?

 

Da qualunque parte lo si affronti, il pasticcio sembra insolubile. L’Italia è senza dubbio a una svolta della sua storia. Il tono perentorio dei sindacati e del PCI la debolezza dei pubblici poteri, l’attendismo della Democrazia Cristiana, lo scarso peso degli altri partiti, la stanchezza della gente e il ricorso quasi abituale della violenza di piazza fanno temere che la situazione possa sfuggire al controllo di chiunque. In questo clima, milioni di cittadini sono automaticamente portati ad invocare un ritorno all’ord
ine. Altri pensano che l’apertura al comunismo debba essere impedita comunque, anche facendo appello all’iniziativa illegale e arbitraria degli ormai classici “colonnelli”.

Il 7 dicembre, alcuni giornali inglesi (Guardian e Observer) pubblicano sensazionali rivelazioni su un presunto complotto “di destra” che sarebbe in corso di organizzazione in Italia con l’appoggio -nientemeno!- dei colonnelli greci. La notizia riceve ampie smentite da Atene e da Roma: tuttavia, come è logico, l’estrema sinistra se ne impadronisce. Le informazioni che noi abbiamo ci portano ad escludere che in seno alle gerarchie militari stia prendendo corpo la tentazione di un intervento nella sfera politica.

Se tuttavia la classe politica non riuscisse a risolvere il problema dei rapporti del PCI con lo Stato, se la confusione diventasse drammatica, e se – nell’ipotesi di nuove elezioni – la sinistra non accettasse il risultato delle urne, le Forze Armate potrebbero essere chiamate a ristabilire immediatamente la legalità repubblicana. Questo non sarebbe un colpo di Stato ma un atto di volontà politica a tutela della libertà e della democrazia. Così, dopo averli a lungo onorati del nostro disinteresse più completo, potremmo trovarci di colpo a dovere della gratitudine ai militari. Esiste un dramma segreto delle Forze Armate, che si sentono estranee e avulse dalla vita del Paese. Una classe politica che da venticinque anni confonde i militari col militarismo ha fatto tutto ciò che poteva per chiudere le Forze Armate in un ghetto. Vita difficile, dunque, per gli uomini in divisa. Così, specie nei gradi bassi e medi, gli ufficiali vivono con stipendi di fame e svolgono un lavoro che riserva più amarezze che soddisfazioni. Nonostante questo, nelle Forze Armate regna una disciplina esemplare e ammirevole.

Forse è esatto dire che l’unico tentativo di sovversione, quindi, viene da sinistra. Tuttavia il ristabilimento manu militari della legalità repubblicana, possibile in una mezza giornata, potrebbe non essere sufficiente. La situazione generale è terribilmente intricata. Chi stabilisce il limite delle ambizioni personali e avverte l’opinione pubblica delle pericolosità di certe manovre? Come si può garantire un minimo di stabilità al potere esecutivo? La pazienza di Moro? L’attivismo di Fanfani? Ma è saggio affidare tutto ciò che abbiamo all’abilità e alla fortuna di pochi individui?

Sono interrogativi che dovrebbero pesare come piombo sulla coscienza di chi ci governa. E può darsi che di fatto pesino. E che aprano la strada ad un esame di coscienza un tantino più profondo. Questa Repubblica, così com’è, funziona ancora? La confusione che stiamo vivendo non sarà dovuta al fatto che le sue istituzioni sono ormai insufficienti e superate? Perché i costituenti crearono l’articolo 138, che prevede la possibilità di riformare la carta fondamentale della Repubblica? Chi ci impedisce di utilizzare l’articolo 138 per correggere i difetti ormai evidenti delle nostre istituzioni? Perché non possiamo imparare qualcosa dalle grandi democrazie dell’Occidente? Perché non ci poniamo seriamente il problema della Repubblica presidenziale, l’unica capace di dare forza e stabilità al potere esecutivo? Vi sono giorni in cui la storia impone riflessioni di questo tipo. Forse questi giorni sono venuti. Questi giorni, forse, noi li stiamo già vivendo.

 

  Pietro Zullino

 

Roma, 5 dicembre 1969

Pubblicato sul Settimanale Epoca n° 49 – AME

http://it.wikipedia.org/wiki/Epoca_(rivista)

 

Riassunto di quest’ultima puntata

 

Il garbuglio pare non avere soluzione a causa di molteplici ragioni, mentre milioni di cittadini invocano il ritorno all’ordine e alla convivenza civile. Con l’ausilio di alcuni quotidiani inglesi si paventano soluzioni drastiche, assimilabili al colpo di Stato. Dopo aver ipotizzato un paio di scenari drammatici, Zullino afferma che la situazione generale è terribilmente intricata, e, subito dopo, pone una quesito che resta tragicamente senza risposta: “Chi stabilisce il limite delle ambizioni personali e avverte l’opinione pubblica delle pericolosità di certe manovre?”. Infine poi si pone alcuni interrogativi che dovrebbero pesare come piombo sulla coscienza di chi ci governa. L’articolo si conclude con l’auspicio che i tempi che si stanno vivendo impongano riflessioni profonde da parte di coloro che reggono le sorti del Paese.

 

Commento

 

Dopo essersi augurato che almeno quegli interrogativi pesino come piombo sulla coscienza di chi ci governa, Zullino si chiede, quasi in uno sconfortante soliloquio: “Questa Repubblica, così com’è, funziona ancora? La confusione che stiamo vivendo non sarà dovuta al fatto che le sue istituzioni sono ormai insufficienti e superate? Perché i costituenti crearono l’articolo 138, che prevede la possibilità di riformare la carta fondamentale della Repubblica? Chi ci impedisce di utilizzare l’articolo 138 per correggere i difetti ormai evidenti delle nostre istituzioni? Perché non possiamo imparare qualcosa dalle grandi democrazie dell’Occidente? Perché non ci poniamo seriamente il problema della Repubblica presidenziale, l’unica capace di dare forza e stabilità al potere esecutivo?”. E poi conclude: “Vi sono giorni in cui la storia impone riflessioni di questo tipo. Forse questi giorni sono venuti. Questi giorni, forse, noi li stiamo già vivendo. ” Quelle riflessioni, ammesso che siano state fatte, non hanno dato origine a nulla.

Come vanno predicando da tempo immemore i sapienti esegeti, la Storia non si scrive con i “se”; tuttavia, conscio di rischiare il linciaggio, un paio di ipotesi le voglio azzardare.

La prima: “se” qualcuno fra coloro che reggevano le sorti del Paese avesse avuto la statura politica e morale sufficiente a voler dare una risposta seria a codesti interrogativi posti da Zullino, ne avesse tratto le conseguenze e avesse posseduto quel briciolo di coraggio necessario per spiegare agli Italiani con la dovuta chiarezza che cosa stava succedendo e che cosa sarebbe potuto accadere, allora gli Anni ’70 e ’80 avrebbero avuto anche da noi un corso diverso. Forse molto diverso, come lo fu per tutti gli altri Paesi europei.

La seconda: “se”, in assenza della chiarezza di cui sopra, i cittadini alla prima consultazione elettorale [4] si fossero recati alle urne in massa e, abbandonando per una volta la “vischiosità ideologica”, avessero annullato almeno il 74% delle schede, scrivendo su ciascuna di esse: “branco di ipodotati, pusillanimi e incapaci, tornatevene a casa tutti e non fatevi mai più vedere”, apponendo la propria firma per esteso, allora qualcuno del Palazzo, seppur tardo di mente, si sarebbe fatto cogliere dal sospetto che era giunto il momento di spiegare con chiarezza ai cittadini la realtà, affidando loro la responsabilità della scelta.

Mi rendo conto che entrambe le ipotesi appartengono al ben noto periodo ipotetico del terzo tipo, e questa è la riprova che i sapienti esegeti hanno ancora una volta ragione: la Storia non si scrive con i “se”.

Purtroppo anche l’auspicio di Zullino non si avverò e l’unico piombo a pesare fu quello delle pallottole delle bande dei criminali e sanguinari terroristi.

 

Si conclude qui la pubblicazione dell’articolo di Pietro Zullino.

L’articolo esordisce con una considerazione del Presidente del Consiglio in carica, Mariano Rumor: “la nebbia è totale”. Poi, volteggiando sull’opportunismo e la doppiezza dei politici, sul cloroformio ai cittadini, sulle ipotesi di flussi, deflussi e riflussi, sulle quinte colonne al servizio degli avversari, sulla liquefazione di quello che un tempo era stato un partito forte e compatto, giunge alla conclusione che la situazione non è solo annebbiata, è terribilmente intricata. E termina con quegli interrogativi pesanti come il piombo.

Permettetemi di sottolineare che fu scritto agli inizi di Dicembre del 1969. Il peggio, molto peggio in tutti i sensi, doveva ancora accadere.

 

http://www.dabicesidice.it/articolo.asp?file=217bisA
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Riassunto delle puntate precedenti

 

Puntata n° 1 – PCI: apertura al cloroformio?

 

L’Autore esordisce riportando alcune confidenze che il Primo Ministro Mariano Rumor avrebbe fatto ai suoi collaboratori. Quella fra queste maggiormente pregna di significato è: “La nebbia è totale”.

Il Governo presieduto dall’on. Rumor è denominato “monocolore d’attesa”: un nome che promette azioni e fatti concreti. Per far passare il tempo si discute, a vuoto, di un “quadripartito di centrosinistra” e si rimandano le scelte al tempo delle viole, mentre l’inerzia impera sovrana. Opportunismo e doppiezza congenita di tanta parte della classe politica confondono le carte ed imbrogliano il gioco. In realtà i problemi di fondo sono soltanto due: l’apertura al PCI e l’organizzazione della battaglia per la conquista del Quirinale nel ‘71.

La domanda più immediata è: deve o non deve il PCI partecipare prima o poi al governo?

Nella DC e nel PSI la tendenza filocomunista è una realtà. Essa maschera robusti interessi economici. Ohibò, ma davvero?!? L’onorevole Donat-Cattin, ritiene che l’operazione dovrebbe incominciare con una collaborazione cattolico-comunista a livello comunale, provinciale e regionale. Il machiavello dovrebbe sfociare in una coalizione di “unità popolare” a livello nazionale. Tale progetto ha diverse pittoresche denominazioni: “apertura al cloroformio”, “nuovo patto costituzionale”, “centrosinistra senza preclusioni”. Nel frattempo i disordini dilagano e il PCI si offre come “partito d’ordine”, chiedendo in cambio il biglietto d’ingresso nell’area del potere. Un governo bicolore DC-PSI, è auspicato come anticamera dell’apertura.

 

http://www.dabicesidice.it/articolo.asp?file=215ABZullino.xml

 

Puntata n° 2 – Il Paese ha reagito

 

L’assassinio della agente di P. S. Antonio Annarumma ha un contraccolpo negativo sul progetto di apertura al PCI, determinandone una dilazione. Qualche dubbio circa l’opportunità temporale dell’“apertura al cloroformio” serpeggia anche nel PCI e il dubbio, dopo l’omicidio di Annarumma, diviene certezza. Pochi giorni dopo, un’ala dissenziente del PCI raccoltasi intorno alla rivista “Il Manifesto”, viene espulsa dal partito. Un senso di scoramento avvolge i filocomunisti della DC e del PSI. Evapora anche il sogno circa un aiutino che il PCI avrebbe fornito sottobanco in cambio del cloroformio: far cadere in Parlamento la legge sul divorzio. A questo punto non rimane che attendere la fioritura delle viole.

 

Commento

 

Due eventi che hanno molto giovato all’Italia vedono la luce sul finire del 1969:

·          gli “Anni di piombo”, che iniziano con l’assassinio dell’agente Annarumma,

·          la “cresima degli utili idioti”, che finiranno in seguito per convolare a nozze con i loro manovratori.

Il cloroformio nel frattempo viene accuratamente riposto nello sgabuzzino delle segreterie filocomuniste. Sarà utilizzato a tempo debito con risultati strabilianti. Ma questo Zullino non può saperlo né immaginarlo.

 

http://www.dabicesidice.it/articolo.asp?file=215bisABZullino

 

Puntata n° 3 – Perché Fanfani è “risorto”?

 

Nessun panorama politico sarà mai chiaro se non si tiene conto di quanta influenza abbia in questa delicata situazione la prossima elezione al Quirinale. La domanda essenziale che si pone il candidato al Colle è: “Che cosa dovrò fare io per ottenere l’indispensabile voto dei comunisti?”. La risposta che si dà è quasi ovvia: diventare il fondatore della “Repubblica Conciliare”. Tuttavia il candidato è travagliato da dubbi tattici circa i modi e soprattutto i tempi, opta per una soluzione di attesa: prima si agguanta la poltrona quirinalizia, poi si fonda al “Repubblica conciliare” e si salda il debito. Zullino ammette che questa versione del ragionamento è cinica, ma non lontana dalla realtà. I candidati sembrano essere solo due: Amintore Fanfani, di anni sessantuno, e Aldo Moro, di anni cinquantatré. Fanfani sembra avere qualche chance in più.

 

Commento

 

Sarebbe un grave e miope errore considerare queste sottili mosse sullo scacchiere della politica come semplici giochi di potere finalizzati alla conquista di una poltrona e non operazioni di alta strategia finalizzate solo al bene futuro del Paese, come si addice alla “politica alta” dei veri professionisti di quegli anni. E poi si tratta di temporeggiare solo un pochino, un paio d’annetti. Tanto, che cosa potrebbe succedere di così grave nel frattempo? In fondo la situazione del Paese è sotto controllo.

 

http://www.dabicesidice.it/articolo.asp?file=216ABZullino.xml

 

Puntata n° 4 – Un governo a due o a quattro?

 

Quadripartito, tricolore, coalizione cattolico-comunista, bicolore, monocolore Rumor, monocolore Fanfani, Quirinale … Mi è impossibile riassumere: garantisco che ci ho provato, ma proprio non ci riesco. Abbiate pazienza e fate il piccolo sacrificio di leggere l’articolo per intero.

 

Commento

“… ma di troppi machiavelli, di troppe contorsioni mentali si nutre la nostra politica. …”

Senza nulla togliere alla capa
cità esegetica di Zullino, mi chiedo: la casalinga di Voghera, quand’anche avesse letto con attenzione questo articolo, che cosa avrebbe potuto capire di tutto ciò? E su quali fondate opinioni personali avrà espresso il suo consenso attraverso il voto “democratico”?

 

http://www.dabicesidice.it/articolo.asp?file=216bisABZullino.xml

 

Puntata n° 5 – Nuove elezioni: a chi giovano?

 

Un partito, il PSU, agita lo spauracchio delle elezioni anticipate: evento che fino ad oggi non s’è ancora verificato. [5] Nessun altro partito vuole queste elezioni per ragioni differenziate, ma convergenti. Il motivo recondito riguarda gli aspetti economici connessi alla troppo recente campagna elettorale ed ai costi sostenuti per diventare parlamentari. Lo scioglimento delle camere sarebbe una calamità.

Formulata l’ipotesi (periodo ipotetico di terzo tipo [6] ) che il Presidente in carica Saragat chiami il popolo alle urne, Zullino dipinge vari scenari, pronosticando flussi emorragici dal centrosinistra/sinistro (PSI) verso il centrosinistra/centrista (PSU e PRI) e verso la sinistra/sinistra (PCI), mentre dal centro/centro (DC) si avrebbe un deflusso goccia a goccia (tipo fleboclisi) sia verso centro/destra (PLI), sia verso la destra/destra (MSI), ma, contestualmente, si avrebbe un riflusso gastro-esofageo direttamente alla sinistra/sinistra (PCI).

Se non vi è venuta la nausea e siete ancora in grado di leggere, proseguiamo.

Il proposito di porre agli elettori il quesito “PCI al governo sì o no?” viene rifuggito come si rifugge da un’epidemia di colera, sia perché significherebbe parlar chiaro al corpo elettorale, svelando i misteri eleusini della politica alta, sia perché la contrapposizione fra i due colossi della politica, DC e PCI, non è più attuabile, come lo fu stato ventuno anni prima al tempo di De Gasperi, non essendo più la DC un partito compatto e solidale, ma un fascio di forze ormai liquefatto. Va aggiunto che le sinistre del partito agirebbero, con straordinaria lealtà, da quinta colonna al servizio dell’avversario. Spunta l’eventualità di un’alleanza tripartita, DC – PSU – PRI, ma si tratta solo di un’esercitazione virtuale, poiché, in tal caso, la legalità repubblicana andrebbe difesa con durezza (figuriamoci), ma soprattutto dando la dimostrazione che tutte le riforme possono essere fatte senza pagare un prezzo al comunismo (siamo nel regno di Isaac Azimov [7] ). Ergo, hanno automaticamente ragione quelli che non vogliono nuove elezioni e così l’apertura al PCI pare essere ineluttabile.

 

Commento


 

In un Paese europeo il Presidente della Repubblica, un Generale, dopo i fatti del maggio 1968 occorsi nel suo Paese, sciolse l’Assemblea Nazionale e chiamò i cittadini al voto. In giugno di quell’anno ottenne 358 seggi su 487: fu quasi certamente una risoluzione miope, inefficace e di bassa politica [8] . Per contro, i nostri strateghi politici furono di ben altra levatura, di ben altro temperamento, di ben altro valore. Traspare anche da questo articolo che essi dimostrarono di avere a cuore soprattutto il bene immediato dei cittadini e il loro futuro.

Tuttavia, io penso sempre con tenerezza e molta simpatia alla casalinga di Voghera. La immagino sul tavolo di cucina, il giorno prima di recarsi alle urne, mentre è intenta a schematizzare con le frecce su un fac-simile della scheda i flussi, i deflussi e i riflussi fra i vari partiti e poi, dopo aver valutato le conseguenze degli spasmi dismenorroici, delle flebo e dei conati di vomito, si reca a votare.

Intendiamoci bene: non è stolta, la casalinga di Voghera, e come lei non lo sono tanti milioni di italiane e di italiani. Gli stolti furono altri.

Non chiede cose irraggiungibili al mondo della politica la casalinga di Voghera, non chiede virtù lunari come verità, onestà, correttezza, perché sa bene che sarebbe ingenuo pretenderlo dai professionisti dell’alta politica.

Però una cosa la esige: la chiarezza. Almeno un minimo di chiarezza, perdiana! Poi, a chi credere, a chi concedere un po’ di fiducia, lo giudicherà lei, e, assieme a lei, lo giudicheranno milioni e milioni di cittadini come lei. Perfino i dittatori, pur millantando, pur mentendo, pur sbraitando, parlano con chiarezza alla loro nazione.

Credo di poter affermare senza tema di essere smentito, anche se non posso provarlo concretamente, che almeno l’ottanta per cento di coloro che si recarono al voto nelle numerose consultazioni elettorali che si susseguirono, espressero un consenso cieco. Non miope, cieco. Essi furono costretti a fidarsi ciecamente di qualcuno che disse loro: – Non cercare di capire, non farti e, soprattutto, non fare domande: metti la croce lì e basta!

Quella non fu democrazia, ma l’oltraggio, l’arrogante vilipendio della democrazia.

Quell’oltraggio, quella insolente irrisione arrecata al demos costerà all’Italia la decomposizione di quei valori che l’avevano fatta risorgere nel dopoguerra, e avrà come conseguenza quello sfacelo sconfinato, carico solo di lutti e di rovina che connoterà gli ultimi Anni Sessanta e gli Anni Settanta e Ottanta [9] , scavando solchi indelebili nelle generazioni che in quegli anni sono state educate e formate.

http://www.dabicesidice.it/articolo.asp?file=217ABZullino.xml

 

 

 

 

 

 



[1] Nel 1950, con la pubblicazione di Epoca, la Mondadori porta anche in Italia il modello americano di giornalismo illustrato, sull’esempio di Look e Life, con una redazione che annovera nomi come Biagi, Del Buono, Spadolini, Zavattini.

[2] 12 dicembre 1969.

[4] 7 maggio 1972.

[6] Il periodo ipotetico è di terzo tipo o dell’irrealtà, quando sia la protasi che l’apodosi presentano fatti che non possono in nessun modo accadere.

[7] Le sue opere sono considerate una pietra miliare nel campo della fantascienza. http://it.wikipedia.org/wiki/Isaac_Asimov

[8] Parigi fu resa incandescente dai tumulti degli studenti e degli operai, e per la Francia fu un momento drammatico: il 20 maggio 1968 dieci milioni (avete letto bene: dieci milioni) di lavoratori entrarono in sciopero. Il Generale Charles de Gaulle si assentò il 29 maggio per andare ad incontrare il Generale Massu a Baden-Baden. Al ritorno riprese le redini della situazione decretando il 30 lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale. La decisione determinò una sorta di maremoto e, alle elezioni anticipate del successivo 30 giugno, il partito gollista ottenne 358 seggi su 487 (74%). Gli scioperi cessarono progressivamente lungo il mese di giugno e i luoghi deputati della contestazione, come la Sorbonne e l’Odéon di Parigi, furono sgomberati dalla Polizia. La Francia venne così privata del piacere di veder germogliare LC, PL, i GAP, i NAP, i Co.co.ri, le BR e le altre bande terroristiche alimentate e addestrate dal comunismo nazionale e internazionale, bande sanguinarie che invece l’Italia ebbe (e in taluni casi ha ancora) la fortuna di poter apprezzare. http://it.wikipedia.org/wiki/Anni_di_piombo

 
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