C’era una volta la Lega

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Prima pagina della PADANIA del 24 dicembre 2006, campeggia un titolo in lombardo che riporta la memoria ad antiche lotte del carroccio: “”MAI MOLE’, MAI MULA’, NO MOARE !””. E’ la risposta al borrelliano “”Resistere, resistere, resistere!”” ? No, sembra piuttosto un tentativo di rilancio del movimento, basta leggere il sottotitolo: “”Parlamento del Nord e gazebo: il popolo si riprende parola e libertà. L’impegno della Lega per il Federalismo””. Perbacco, chiuso il siparietto della “”Devolution”” ritorna la bandiera del Federalismo? Sembra di sì, anche leggendo i sottostanti articoli a nome dei tre Roberto, Calderoli, Maroni e Castelli, e dei sempreverdi Stefano Stefani e Rosi Mauro. Cosa sta succedendo alla Lega e al suo condottiero? Bossi assomiglia sempre più ad un Mosè che guida da ventanni il suo popolo nel deserto verso la terra promessa, il Federalismo. Ha superato crisi interne e ribaltoni, si è cibato della manna di mani pulite, ha scacciato i falsi profeti, ha sedato la rivolta degli adoratori pagani del vitello d’oro, i Secessionisti, e ora, stanco e malato ma non vinto, sale sulla cima di un monte (Montecitorio?) e dice di aver visto finalmente i confini della terra promessa. Girando in tondo è arrivato da dove era partito, dal Federalismo, ma ora che il suo popolo è pronto a riprendersi parola e libertà il Mosè/Bossi non cede a nessuno il nodoso bastone del comando: mentre il fratello Aronne/Maroni va incontro al suo destino, chi guiderà il popolo nella terra di Canaan ? Un giornalista-veggente, Pino Corrias aveva inciso otto mesi or sono, sulle pagine di Vanity Fair, un lapideo vaticinio per la LEGA, dal titolo: “”C’era una volta la Lega: Lumbard sull’orlo di una crisi di voti””. Scrive Corrias: -“”Salvo miracoli celtici, dopo la sconfitta elettorale della Destra e il tramonto (?) dell’era berlusconiana, la Lega andrà in pezzi. Umberto Bossi è ammalato da troppo tempo. Il suo potere sta nelle mani di una piccolissima oligarchia familiare e familista. Manuela, la moglie, Rosy Mauro, detta la badante, Maura, la segretaria, Roberto, il figlio maggiore: una oligarchia svincolata dal partito, indifferente alla collegialità, convinta che il solo affetto possa legittimare il comando e l’esercizio dell’arbitrio, come nei clan rupestri. In nome di quell’affetto, di quel comando, di quell’arbitrio, si è dissipata l’eredità politica della “”lunga marcia””, l’incasso elettorale e molto del potere accumulato. Fuori dal controllo di Bossi, anzi, in aggiunta al mancato controllo di Bossi, hanno detonato le sciocchezze legislative dell’ing. Castelli, le magliette di Calderoli, in nazipensiero di Borghezio. La legge Bossi-Fini si è rivelata un fallimento e mezzo. Le fiaccolate hanno incendiato risentimenti bottegai e rancore sociale. La prossimità all’ex governatore Fazio, il sodalizio con il lugubre Fiorani, che rubava soldi ai correntisti morti, il fallimento della banchetta CredieuroNord li ha rivelati, come minimo, assai più velleitari, incapaci e pasticcioni dei loro romani immaginari. I soldi ricevuti nel 2001 da Berlusconi per ripianare i debiti della sede di via Bellerio, della mensa, di radio, giornalini e giornale, sono finiti in fumo. Il simpatico Pagliarini è stato estromesso dalle liste. Gli anti-bossiani di Brescia sono stati scomunicati. Il direttore di Telepadania è stato licenziato in tronco pochi giorni fa. Entro l’estate il pericoloso pasticcio della Devoluzione verrà cestinato dal referendum. La valanga seguirà.””- Questo scriveva otto mesi fa un Corrias-Cassandra. Si può domare una valanga? Bossi sta per provarci, agita ancora il pugno del suo unico braccio valido, e come un indomito capitano Hacab invita la ciurma a seguirlo : “”Esisto io e la mia vita, il resto sono maschere di cartone

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