A Genova, dieci anni dopo il G8, si sono messi in marcia ‘No Tav’ anarchici, Red Block, Marxisti leninisti, cattolici, pacifisti, Cobas anche anziani, bambini e cani con un inspiegabile fazzoletto rosso al collo, povere bestiole…Si sono messi in marcia per ricordare quanto accaduto alla scuola Diaz,a Bolzaneto e, ovviamente, per commemorare la morte di Carlo Giuliani.
Non mi appartiene la cultura dell’insulto pesante e gratuito, del disprezzo becero, dello sbracato estremismo. Lascio questa attività ai fanatici e agli esaltati.
Ma esercito, e credo di non essere particolarmente tenera, il diritto alla critica e al dissenso nei confronti delle persone vive e vegete, che si possono difendere. Ma non oserei offendere chi, ormai, è lontano dalle cose umane. Solo le persone meschine e vili insultano i morti, o fanno loro uno sgarbo, o mancano loro di rispetto. Azioni queste non solo riprovevoli, ma anche piuttosto imprudenti, dato che le conseguenze di tutto ciò che si fa in vita riecheggia per l’Eternità.
Tornando al tema, avrei pertanto riservato a Carlo Giuliani parole più esplicite, concetti meno sfumati, se fosse vivo. Dato che non lo è, mi limito a dire con la maggiore pacatezza possibile, che l’alone di martirio, la stucchevole beatificazione post mortem posta in atto da parenti amici, simpatizzanti,compagni di prodezze, etc., e che ha avuto come conseguenza la sua trasformazione in eroe, mi lascia sempre più sbigottita e amareggiata.
E’ controproducente considerare Giuliani un martire cui intitolare strade o dedicare un’aula del Senato. L’ennesima ingiustizia,questa, con la distorsione della realtà, l’esaltazione inaccettabile di un personaggio comunque violento, avvezzo a danneggiare l’arredo urbano, aggredire le Forze dell’Ordine, a manifestare tutt’altro che pacificamente.
Al di là del dolore per la sua scomparsa, per chi, candela in mano e fazzoletto agli occhi, lo onora, Carlo Giuliani, brandendo un pesante estintore sicuramente si accingeva a comunicare il proprio pacifismo ai carabinieri, per convincerli definitivamente, dato che già altri pacifisti, con spranghe di ferro e lancio di sassi, avevano distrutto il mezzo e ferito i suoi occupanti, tra i quali Placanica, il carabiniere “assassino”.
A queste persone è del tutto inutile ricordare che era Giuliani ad assalire i carabinieri, non i carabinieri lui.
Anche perché le Forze dell’Ordine non devono “fare la guerra” ai manifestanti,agli ultras, ai black block, ai fascisti, ai no global, agli anti -TAV , ai precari, e a tutta la varia umanità che a qualunque titolo scende in piazza, talvolta pacificamente, molto più spesso con la violenza e la sopraffazione, danneggiando cittadini inermi e le loro proprietà, ferendo, distruggendo, incendiando, tutto ciò che ha la disgrazia di trovarsi sul loro cammino, o negli immediati paraggi.
Precise direttive ministeriali ordinano di evitare quanto più possibile lo scontro fisico, limitandosi al contenimento e l’eventuale “carica” ai manifestanti è l’ultima ratio. Anche perché il funzionario di turno che, sempre eventualmente, desse l’ordine di caricare, deve naturalmente rendere conto ai politici della decisione presa; decisione che a tavolino non sempre, per non dire mai, viene valutata come opportuna e necessaria, con le conseguenze intuibili.
Quanto poi a sparare, le Forze dell’Ordine possono farlo solo per legittima difesa o in situazione di estremo pericolo. Per questa serie di motivi i feriti sono sempre più numerosi fra le Forze dell’Ordine che tra i manifestanti, che hanno ben altre direttive cui ottemperare, anche se non è ben chiaro da parte di chi siano dettate.
E le Forze dell’Ordine, oltre alle violenze, devono subire l’estremo insulto, ossia il giudizio negativo o l’irrisione dei quaquaraquà che li considerano impreparati…chissà, forse perché non sparano sulla folla, ad altezza d’uomo magari, facendo una bella strage ad ogni manifestazione.
Ma i cittadini italiani non sono tutti degli squallidi quaquaraquà, la cui vita, per dirla con le parole di Sciascia, “non ha più senso e più espressione di quella delle anatre”.
I cittadini italiani desiderano nella propria vita qualcosa di più di una pozza d’acqua nella quale ottusamente sguazzare. Queste pe
rsone, fra le altre cose, vorrebbero che alla Polizia fossero dati gli strumenti per contrastare legittimamente ogni violenza, certo, ma, soprattutto, chiedono di vivere in un Paese davvero civile.
Già, con amarezza e incredulità, hanno visto corruttori e concussi sdoganati e tranquillamente collocati nelle istituzioni e hanno assistito alla ingiustificata riabilitazione di criminali e terroristi che ora siedono in Parlamento e ricoprono cariche dello Stato.
Per queste persone, oneste, civili, disciplinate, laboriose e rette, beatificare chi assaliva una camionetta dei carabinieri armato di un pesante estintore, intitolargli una piazza,o un’aula in Parlamento è uno schiaffo ulteriore, è un’offesa al loro senso civico, è un insulto alla loro intelligenza e alla memoria di tanti altri morti.
Ma i cittadini contano poco, e i morti, quelli poi, non contano nulla.
Maria