Carlo Alberto Sitta ci parla della università della terza età

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Gli studenti sono circa 2 mila persone di tutta la provincia, dai 40 anni ai 90. Abbiamo un ufficio viaggi che lavora tutto l’anno, un gruppo teatrale che riempie il teatro Storchi, una corale che è andata anche in San Pietro

Parliamo un pò di  cultura globale e modenese in particolare. Che c’è di nuovo?

 

C’è un po’ di pianto in giro sulle questioni della cultura in generale perchè a causa delle nazioni emergenti dell’Asia e il potere mediatico ed editoriale statunitense,senzada dimenticare il Terzo mondo che preme, molte piccole culture tendono a scomparire. Non è una situazione tranquilla, ma in grande trasformazione. Ci sono cose molto molto in movimento che probabilmente in Italia si notano poco

 

Perchè,  siamo un pò ottusi?

 

Un po’, forse sì! Credo ci sia una grossa involuzione, lo vediamo soprattutto nel cinema. I Paesi europei che hanno votato contro la costituzione, tipo  Francia e Olanda costituiscono un  ceto storicamente chiuso che sta difendendo un passato, una tradizione senza accorgersi delle cose nuovissime che stanno accadendo

 

Ma l’Italia è un paese di ottusi oppure no?

 

Credo fondamentalmente di sì

 

Modena, a questo proposito, come si esprime?

 

 Credo che ci sarebbero le forze intellettuali anche se in senso lato nessuna città può conservare quell’autonomia culturale che poteva avere in passato quanto l’Italia aveva dieci capitali culturali partendo da Trieste, passando per Firenze, Roma, Napoli. Modena non è mai stata un centro culturale di spicco, fatta eccezione per il perido degli anni ’30 quando c’erano Delfini, Guanda, Zanfrognini, Formiggini. Malgrado ci fosse il regime, c’era una situazione creativa, che loro stessi, nonostante avessero solo trent’anni, avevano creato. Adesso c’è ancora un’identità, ma molti scrittori modenesi vivono a Milano e vendono a Modena. Credo sia anche un problema di visibilità. Non dimentichiamo che la poesia ad esempio non è uscita a livello mediatico

 

L’Italia, Modena hanno ancora un’anima poetica?

 

In Italia c’è stato un secondo novecento molto vivace dal punto di vista della poesia. C’è ancora una certa vivacità intellettuale, credo anche superiore ad altre realtà linguistiche. Ma la poesia non va in televisione e credo che sia una fortuna. I poeti rimangono sui libri si scuola e questa è una doppia sfortuna: da vivi non sono letti e da morti finiscono per essere odiati da chi è obbligato a studiarli

 

Se oggi si proponesse alla città di scegliere se devolvere fondi in aiuti agli anziani o spenderli nel restauro o nelle manutenzioni di una biblioteca, la popolazione in maggioranza cosa sceglierebbe?

 

Non sono sociologo e posso rispondere a lume di naso. Non c’è dubbio che la gente prima di tutto pensa a far quadrare il mese e alle cose essenziali, mentre la cultura nel senso di creatività, di rischio, di scoperta, innovazione viene sicuramente capita di meno. Poi ci sono ragioni produttive per cui la cultura viene organizzata in un certo modo, portando chi produce cultura ad integrarsi. Appartengo ad una generazione per la quale era normale dire “no”, ma poi non si andava lontano.  

 

Parliamo dell’Università della terza età, ormai arrivata al diciottesimo anno accademico. Lei cosa ci raccconta da presidente?

 

Sono stato uno dei soci fondatori e non avrei mai pensato in quel momento che ci sarebbe stato il boom che ne è seguito, cioè la domanda che è esplosa e la risposta che c’è stata, nonché la autoorganizzazione. Abbiamo una struttura che si è notevolmente ampliata, abbiamo tre sedi, un server nostro, un ufficio viaggi che lavora tutto l’anno, un gruppo teatrale che riemp
ie il teatro Storchi, una corale che è andata anche in San Pietro, una band di vecchi orchestrali che negli anni ’50 suonavano jazz e che ora ripropongono lo stesso repertorio di quando erano giovani, una consulta di insegnanti. Tutto questo fatto da una sessantina di persone che volontaristicamente tengono in piedi l’organizzazione creandosi anche una certa competenza, persone che hanno magari solo la licenza media, ma ora usano il computer, si occupano di amministrazione… E io sono il rappresentante legale e dell’esecutivo.

 

Chi sono gli studenti? 

 

Sono circa 2 mila persone di tutta la provincia, dai 40 anni ai 90, con un’età media di 60, in prevalenza gente che non lavora più, un dieci per cento di laureati, che ama molto coltivarsi e socializzare. La nostra Università ha una proposta molto articolata e curiamo sia il corso che fa 150 iscritti che il laboratorio di 15 persone. Offriamo una gamma molto vasta di proposte didattiche, di occasioni di incontro e soacializzazione. Il nostro studente, che in prevalenza è donna, appena si iscrive, si rifà il look e si fa delle amiche, dei maschetti non, perché a quell’età gli uomini non hanno tanta voglia di uscire di casa.

 

Ci si laurea?

 

Certamente no. E’ un’Università del tempo libero, non esiste certificazione, i nostri corsi non hanno valore legale.

 

C’è soddisfazione personale

 

Alla fine magari si dà la medaglia.

 

Chi sono gli insegnanti?

 

In prevalenza docenti in pensione che in prevalenza hanno insegnato nei licei, ma c’è anche qualche ex docente universitario. Poi c’è da segnalare che qualche studente è diventato a sua volta insegnante: faccio l’esempio di un fotografo iscritto ad un corso di storia, italiano, poi si è proposto come docente di fotografia. E questo è un fatto di crescita, uno sbocco non economico, ma il piacere di lavorare, di riscoprire le cose che si facevano da piccoli…

 

Qualcosa ancora nel cassetto?

 

Posso dare un’anticipazione: stiamo lanciando un concorso a premi sul tema della Bonissima, quel simbolo modenese, l’icona della città, un simbolo come san Geminiano. Il concorso consta di tre sezioni: artistica, mediatica e letteraria.

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