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Il senso di questa lettera, che ho deciso di rendere pubblica, è un atto politico irrinunciabile per chi, come me, considera i rapporti e le relazioni all’interno del Partito un dato fondante della propria esperienza politica e individuale.

Per questo motivo cerco di non fare prevalere sentimenti personali, ma di focalizzare alcuni temi problematici che mi derivano dalla vicenda di questi mesi che mi ha visto coinvolta.

Io ho svolto tre mandati in parlamento cercando di  coniugare un ruolo nazionale (prima come capogruppo della commissione Industria e poi come Questore della Camera) con la tenuta di legami molto stretti e radicati con il territorio, con le sue rappresentanze associative e istituzionali e con i singoli cittadini, compito non semplice e che tuttavia credo di avere svolto al meglio delle mie possibilità.

Ho ricevuto molti riconoscimenti e tante attestazioni di stima, anche da avversari politici, e ciò per me vale molto.

Naturalmente so bene che devo all’atto di fiducia riposto nei miei confronti l’opportunità di avere rivestito quel ruolo e quindi non sollevo pretesa alcuna, ritengo semplicemente di avere corrisposto a quell’atto di fiducia ripagandolo con l’impegno costante e quotidiano a fare progredire l’idea di una sinistra di governo e riformatrice.

Credo che in relazione a questa valutazione mi sia stato proposto, prima dal segretario Fassino, poi dal Presidente D’Alema, poi via via fino al segretario Regionale Montanari, esplicitamente di fronte all’ultima direzione provinciale, di fare parte della squadra di governo che si andava costruendo all’indomani del voto di aprile.

Si trattava di una proposta che ho considerato sin dall’inizio di grande valore e di cui non mi sfuggiva il tratto impegnativo.

E’ oramai chiaro che quella proposta è entrata in crisi a fronte di una scelta che ha posto come prioritario l’impegno di una risorsa sul tema scuola, collaudata e riconosciuta, ma che inevitabilmente determina conseguenze sugli assetti territoriali di cui comunque occorre tenere  conto.

Non nego l’amarezza di come si è giunti a questo esito e ringrazio pubblicamente tutti coloro che in queste ore hanno voluto farmi pervenire i sentimenti della loro solidarietà e amicizia.

So bene che quello non è l’unico fronte su cui è richiesto impegno e per parte mia non farò mancare il mio contributo, altri ben più autorevoli di me hanno fatto passi indietro, mi sento però di porre, in chiave politica e non personale, l’esigenza di una riflessione sulle modalità con cui si determina la selezione e valorizzazione di un gruppo dirigente allargato anche in relazione al dibattito sul futuro Partito Democratico. Dico anzi, a chi un queste ore mi chiede che cosa ho intenzione di fare che questo è il fronte che più mi stimola e mi interessa, potere lavorare su contenuti concreti da offrire al dibattito e sperabilmente all’adesione di quanti non hanno rinunciato a lavorare per affermare una prospettiva riformista in questo paese.

 

 

 

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