Mentre il mondo si prepara a una degna commemorazione di quel 09 novembre 1989, in cui “cadde” il Muro di Berlino, credo che sia impossibile, temerario e inutile fare un articolo su questo, un articolo ufficiale intendo. A qualche ricordo si può, invece, indulgere, come semplici cittadini d’Europa, su quei giorni, su quel vissuto, legato alla Storia, con la “S” maiuscola, ma anche alla nostra storia personale, alla nostra piccola vita.
Piccola, certo, se rapportata all’eterno fluire del Tempo, eppure così unica e irripetibile, e per questo, grande;anche se siamo persone comuni, e persone comuni sono quelli che amiamo, che lavorano con noi, che ci vivono attorno e che compongono il nostro mondo.
Scrivo queste parole avendo idealmente in sottofondo un brano leggendario, The Wall, dei Pink Floyd, caro a me, come a tutti quelli della mia generazione.
Si mescolano ricordi ufficiali e ricordi personali su un evento che, a destra e a sinistra ha rappresentato comunque un trauma intellettuale, per i primi un insperato trionfo, la realizzazione di un sogno politico; per gli altri, un debito di identità incolmabile, nonostante sia trascorso un ventennio.
Il Crollo del Muro di Berlino conclude il periodo iniziato con l’elezione a novembre 1980 di Ronald Reagan a Presidente degli Stati Uniti. Erano i primi albori di un profondo cambiamento, questo era ciò che i semplici cittadini vedevano e sentivano, forse anche più degli addetti ai lavori, occupati a tessere laboriose e fruttuose tele, diplomatiche e militari, fra le due superpotenze, guidate da uomini eccezionali per molti motivi. Ronald Reagan e, dal 1985, Michail Gorbacëv. Due uomini che seppero guardarsi negli occhi, accettando e migliorando il quadro storico che già si delineava, con un’America vincente, ottimistica e determinata a cogliere l’occasione, accelerando il crollo del comunismo sovietico, liberticida e con un’economia allo sfascio.
Ma per me il crollo del Muro è legato indissolubilmente al successo personale di Ronald Reagan…alto, elegante, ineguagliabile affabulatore e oratore, uguale solo a sé stesso, bollato da miopi giudizi come guerrafondaio, come attore di serie B, etc, fu tuttavia capace di rilanciare l’economia con la Reaganomics, ebbe il coraggio di licenziare in tronco oltre 11 mila controllori di volo che da alcuni giorni scioperavano, bloccando i voli in tutti gli Stati Uniti. Ma, soprattutto, raccolse un’America spoetizzata e umiliata, quella che aveva consentito all’Urss di invadere l’Afghanistan e a Khomeini di cacciare lo Scià, ridonandole dignità e fiducia. Ed ebbe, dopo aver concluso il suo secondo trionfale mandato, l’onore, con Gorbacëv, di vedere il simbolo di un potere oppressivo ed oscuro, crollare, riportando Berlino ad essere la capitale unita di una grande nazione.Tutti felici? No.
I puri, i comunisti in buona fede, coloro i quali davvero credevano nel sogno della giustizia sociale, che del comunismo vedevano solo le cose belle e positive e non le immense aberrazioni, avevano le lacrime agli occhi e ancora oggi si sentono defraudati di una parte di sé. E forse sognano ancora di riportarlo in vita, mondandolo dai suoi eccessi e dalle sue utopie.
Riaffiora, fra questi ufficiali, un buffo ricordo privato, testimone comunque di quell’epoca in cui le immagini di Reagan e Gorbacëv dominavano nei notiziari televisivi e sulle pagine di ogni copertina, anche di quei giornali patinati che oggi, con molta minore classe, dedicano questo onore ad altre vicende, ad altri personaggi.
Erano diventati, per questo motivo, ancora più famosi e popolari anche presso categorie non proprio interessate…tanto per dire, a una bambina, di poco più di un anno, la nonna, insegnò a dire i nomi di quei tipi che, da soli, o insieme alle consorti, le sorridevano da ogni copertina. Le insegnò a riconoscerli, con l’impagabile piacere del tempo a disposizione, e con l’amorevole e divertito stupore di una nonna, (ovviamente rinc…come da copione) di fronte al miracolo di una nipotina, così sveglia, intelligente e bellissima. Risento con tenerezza e sorriso, misti a commozione, quella vocina dire il nome dello “zio Ronnie”, dello “zio Michele”, della “zia Nancy”, della zia Raissa. Altri tempi, altro tutto.