Partendo dal presupposto che il voto politico è il pilastro della democrazia, un diritto. Tuttavia, molti italiani, a torto o a ragione, non la pensano così e si astengono. Chi vota lo fa perché è convinto di assolvere un suo sacrosanto diritto e che, grazie al suo voto dato a un partito che rappresenta il suo modo di pensare, l’Italia sarà migliore e anche la sua vita cambierà. In effetti, il ragionamento non fa una piega.
Sarà, però, sfugge qualcosa. In effetti, nel collegio elettorale dove è stato eletto il deputato leghista che con i “pochi” problemi che abbiamo (dissesto del territorio, lavoro, giustizia, tasse, ecc…) usa i soldi dello stipendio ben pagato dai cittadini per fare la richiesta all’amata, che lo guarda estasiata dal loggione, dovrebbero leggermente girare le p…. a quell’italiano che sta spalando il fango fuori dalla sua casa dopo l’ennesima inondazione. Giocando sui termini, siamo inondati ogni giorno da fiumi di parole di politici che si scaricano a vicenda le colpe di quanto succede. Però, nella sostanza, cambia poco o nulla. Di chi è la colpa? Il qualunquista di turno direbbe: – Della politica! -. Ma la politica, da chi è decisa? Erro se dico dal voto del cittadino? Sì, perché alla base di tutto c’è il voto del singolo? No, perché non decide il votante su chi mandare a governarlo: lo decide la segreteria del partito, che a cascata, lo fa ricadere sul territorio nazionale. Quindi, spetta poi al rappresentante regionale decidere chi candidare all’ambito posto ben remunerato e di prestigio. Ora, visto come vanno le cose dopo tanti anni di elezioni, non viene il sospetto che ci sia qualcosa che non va? Che la scelta dei candidati a sedere in consiglio comunale o alla ben più retribuita poltrona in un consiglio regionale sia inficiata da ambizioni personali, ma anche dal lauto stipendio (non ci sarebbe niente di male) e che ciò prevalga sulla scelta del candidato adatto per quella Regione, caso mai a rischio idrologico, inserendolo al posto di un esperto del settore?
Questo ragionamento vale sia per le liste che eleggono tanti consiglieri, ma dovrebbe valere anche per le liste che ne eleggono solo uno. Tuttavia, questo potrebbe mettere in ombra chi ha fatto della politica una ragione di vita e anche di sopravvivenza. Quindi, quando si fanno le liste, facciamo l’esempio vicino a noi, dove fra pochi mesi si andrà al voto, guardiamo i prescelti. A pensare male si fa peccato, però, qualche volta ci si azzecca. Su una lista di otto candidati, sette, saranno scartini (senza offesa). A questo punto, chi non va al voto non ha poi tutti i torti!
Uso la chiusura per rivolgere un pensiero al parroco che ha permesso che nella casa di proprietà del Re dei Re sia stata cantata Bella Ciao. Ti è andata bene, caro Parroco, che in quel momento non sia passato da quelle parti Don Camillo. Se ne sarebbero viste delle belle.