Amarcord di un ex bambino degli anni’50

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Con i miei occhi da bambino, la mia scuola io la vedevo bella. La scuola elementare “Bruno Bersani”
fu la mia scuola ma fu anche la scuola  di mia figlia, dei miei genitori, di mio nonno paterno e, forse,
anche degli altri miei nonni.

Nel lontano Settembre del 1955 , a 6 anni di età, entrai per la prima volta nella scuola elementare di Albareto. Questa, a suo tempo, fu frequentata anche dai miei genitori e da mio nonno paterno. In seguito fu frequentata pure da mia figlia.

Di buon mattino mi presentai, come tutti i miei futuri compagni, provvisto di cartella e vestito con il classico grembiule nero, il colletto bianco ed il nastro azzurro. Rosa per le femmine. In quella prima elementare, eravamo in 54 bambini dei quali 28 maschi e 26 femmine. Questo comportò che, primo ed unico caso in quella scuola, vennero formate due prime classi: una di soli maschi e l’altra di sole femmine. La scuola, però, disponeva di sole 5 aule quindi, per 5 anni ed a rotazione, una classe frequentava di pomeriggio.

Con i miei occhi da bambino, la mia scuola io la vedevo bella. Essa aveva un ampio cortile perimetrale con tanti grossi alberi. L’ombra di uno di questi era adibita a deposito per le ns. biciclette. Allora le strade erano tutte ghiaiose, polverose e senza traffico quindi tutti, in sicurezza, andavamo a scuola in bicicletta.

La nostra scuola era fornita di 2 aule, belle spaziose, al piano rialzato e 2 aule, altrettanto belle e spaziose, al primo piano con l’aggiunta, sempre al primo piano, di una quinta aula meno spaziosa, posta esattamente sopra all’abitazione dell’unica bidella, vedova di guerra di nome Fausta, sul piano rialzato. Ella vi risiedeva con i due figli grandi. Ogni aula era provvista di tante luminose finestre, di una grossa stufa rossa in mattoni che nei mesi invernali, bruciando legna, ci teneva caldi. I banchi dei bambini erano tutti incastonati fra loro e ad ogni posto bambino corrispondeva anche un calamaio per l’inchiostro entro al quale noi “pocciavamo” per poi scrivere con la penna a pennini. I pennini costavano due lire ciascuno ma con 5 lire ne davano tre. La penna biro allora non esisteva. Fausta ogni tanto entrava in classe per aggiungere inchiostro nei calamai di tutti. Sempre Fausta, ripeto unica bidella, aveva anche il compito, oltre che tenere la scuola e le aule in ordine, di portare, durante i mesi freddi, la legna dal semi-interrato, posto sotto al piano rialzato, fino vicino alla stufa di ogni aula. Ogni mattino prima della lezione faceva rifornimento di legna aiutata da 6 – 7 bambini che arrivavano un po’ in anticipo. Aiutare Fausta in questa mansione era, per noi bambini, un onore ed un previlegio. Più volte ho visto bambini e/o bambine azzuffarsi per riuscire a seguire la bidella fino al ripostiglio della legna. Un’altra testimonianza di quei tempi: un’ulteriore mansione della bidella, in inverno, era quella di appoggiare sulla stufa, al mattino, tante confezioni di latte, fornite dalla scuola, per quanti erano i bambini in classe. Erano confezioni di forma poliedrica dal contenuto di circa 150 grammi ciascuna. Noi avidamente consumavamo il bianco e caldo contenuto durante l’intervallo assieme alla merenda che nostra madre giornalmente riponeva dentro alla cartella ospitante libri e quaderni. A proposito di quaderni: essi avevano tutti la copertina nera, i fogli bianchi con il bordo rosso, quindi lo spessore del quaderno stesso, chiuso, risultava essere rosso. Noi in classe eravamo seduti con la cattedra dell’insegnante posta fronte a noi. Dalla stessa o dalla lavagna adiacente l’insegnante faceva lezione, sovente ella raggiungeva il banco di qualche bambino irrequieto e/o chiacchierone al quale elargiva un ceffone. Purtroppo a quel tempo gli insegnanti erano, chi più e chi meno, un po’maneschi. Quando prendevamo un ceffone assolutamente non ne accennavamo a casa in quanto i nostri genitori, dando sempre e per partito preso, ragione agli insegnanti, rischiavamo altri ceffoni. Rammento che in quinta avevamo un maestro, certo Bertuzzi, che quasi ogni giorno, per punizione, ci teneva in classe durante l’intervallo ed era particolarmente cattivo e manesco. Era uso, per la nostra classe, cambiare annualmente insegnante. Un aneddoto molto grave successe nella nostra seconda elementare: Avevamo quell’anno una maestra da noi vista come brutta, vecchia e cattiva. Era pure vistosamente zoppa. In classe c’era un mio compagno un po’ chiacchierone ed irrequieto che prendeva spesso qualche ceffone dalla maestra. Un giorno, dopo l’ennesimo ceffone, molto esasperato, il bimbo si vendicò sgambettando l’insegnante. Ella ruzzolò giù dalla scala. Inutile dire che successe un finimondo! Il bambino in questione venne sospeso dalla scuola e non lo vedemmo più. Io non seppi mai che fine fece in quanto, con la famiglia, si trasferì altrove. D’altronde la cosa suscitò molto fragore! La maestra in questione dopo un po’ di assenza da scuola per riprendersi dalle ferite, fortunatamente non gravi, tornò a scuola continuando a menare le mani. Un’altra cosa che colpiva a quei tempi e che oggi, fortunatamente, non esiste più, consisteva nel fatto che allora un bambino, se non ritenuto meritevole di promozione, poteva ripetere più volte la stessa classe ma restava alle elementari fino all’età massima di 14 anni. Ad esempio anch’io, in prima elementare, avevo un compagno di classe con 14 anni di età. Egli era già di statura ben più alta della maestra! Ultimate le scuole elementari, si poteva continuare frequentando le scuole medie oppure introdursi nel mondo del lavoro senza frequentare le medie essendo esse, a quel tempo, non obbligatorie.

Ovviamente, come tutti i bambini di questo mondo, anche a noi piaceva guardare fuori dalle finestre della classe ed osservavamo una serie di abeti giganteschi, immagino secolari, più alti della scuola, posti oltre la strada. Erano di bellezza e di maestosità immense. A quei tempi, a differenza di oggi, l’inverno portava sempre molta neve e gelo ed era stupendo osservarli carichi del manto bianco. Poi in seguito queste piante, purtroppo, vennero abbattute dal proprietario per dare spazio a nuovi insignificanti alberi di minor pregio ancora oggi presenti. Che peccato!

Nel 1960 , ultimato l’allora previsto esame di licenza elementare, come previsto era pure l’esame alla fine della terza elementare, scolasticamente mi spostai a Modena e cominciai a frequentare le scuole medie. Fortunatamente l’inizio delle stesse coincise pure con la fine delle percosse che sovente investiva qualcuno di noi. Meno male!

Concludo questo mio amarcord accennando a cosa succedeva nell’imminenza delle feste Natalizie e di carnevale: In un clima festaiolo, tutti eravamo coinvolti nel fare l’albero ed il Presepio a Natale. Anche nel periodo di carnevale era festa grande specialmente nei corridoi della scuola. Rammento le rincorse, provvisti di bastone, con l’intento di colpire la famosa “pentolaccia” per assaporarne poi, se colpita, il contenuto di leccornie. Il tutto contornato da grasse risate di allegria, spensieratezza e contentezza tipiche dei bambini.

Ultimissima testimonianza: Il Direttore Didattico, ricordo che di chiamava Venturi, veniva spesso a trovarci da Modena e, nell’occasione con ns. grande interesse, ci mostrava filmati inerenti la prima e la seconda guerra mondiale. Rammento pure le sue prediche, unitamente agli insegnanti ed ai nostri genitori, nel metterci in guardia sul fatto che il secondo conflitto mondiale essendo terminato da pochi anni, sovente, riaffioravano ancora dei residuati bellici che, nel caso fossero finiti nelle nostre mani, avrebbero potuto procurarci serie ferite magari anche letali.

Chiaramente erano altri tempi…

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