Alba asiatica

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Lo straordinario sviluppo economico cinese, è oramai una realtà con la quale tutto l’Occidente deve quotidianamente misurarsi. In più la Cina sta divenendo una superpotenza anche militare, diplomatica e culturale.

Molti studiosi hanno dedicato ricerche ai cicli di vita degli imperi che si sono avvicendati nella storia umana, ed è oramai innegabile che la viviamo in un secolo che sta vedendo e vedrà sempre più la Cina come nuova  superpotenza alternativa all’egemonia mondiale gli Stati Uniti, paese che ha conquistato la sua posizione con la fine della guerra fredda.

Se si prende in considerazione l’Asia orientale, sud orientale e merdionale nel suo insieme, i due colossi Cina ed India con le altre nazioni che li attorniano formano la regione del mondo più popolata in assoluto con più del 50% degli esseri umani che abitano il pianeta. Tale dato dovrebbe fare riflettere su quale importanza riverstirà quest’area dal punto di vista economico e politico nei prossimi anni, e di come fino ad oggi questa Europa che ha sempre guardato a se stessa con auroreferenzialità, e spesso con un’eccessiva autostima, si ritrovi pericolosamente impreparata ad affrontare nuove sfide che vengono imposte dal neocapitalismo cinese. La crescita economica cinese, tema sul quale molto si sta scrivendo e molto si scriverà ancora, attestatasi nello scorso 2006  al 10,5% sembra che non conoscerà battute d’arresto per il prossimo futuro.

Ma in Cina non si sta assistendo solo alla creazione e al consolidamento di una superpotenza economica, ma di una nazione e di uno stato potenzialmente egemone a livello planetario nei prossimi decenni. Sotto il punto di vista della relazioni internazionali il governo cinese sta perseguendo ad ogni costo un modello diplomatico basato su saldi rapporti economici e commerciali, e

sull’assoluta priorità del suo sviluppo industriale, ed esempio grande importanza ha il piano della “strategia del filo di perle”

Questo piano riguarda l’incremento della sicurezza relativa all’approvvigionamento energetico.

L’economia cinese infatti, che svetta a tassi di crescita annui di due cifre, è divenuta sempre più dipendente del petrolio prodotto all’estero, e sempre più lo sarà negli anni che verranno.

In questo scenario Pechino ha tutte la ragioni per incrementare la sicurezza delle rotte commerciali che attraversano gli stretti di Malacca, in questi tratti di mare infatti, passa l’80% del petrolio attualmente utilizzato in Cina e sono afflitti dal 40% della pirateria mondiale.

Ma la strategia del filo di perle passa soprattutto attraverso il controllo di porti lungo le zone costiere che si estendono dal Medio Oriente al mar cinese meridionale. L’opera più imponente di questo progetto, è stata finora la realizzazione del porto di

Gwandar in Pakistan. La località per che oggi ospita questa enorme infrastruttura si trova  nella provincia del Belucistan, a soli 72 chilometri dal confine iraniano. Il porto inaugurato dal Premier Wen Jiabao nel 2002 è un’opera immensa, costata più di un

miliardo di dollari di cui 196 milioni forniti dalla Cina per la realizzazione costruzione degli attracchi per le navi, ed altri 200 milioni per la costruzione di un’autostrada che congiunge Gwandar con Karachi, la più grande città del Pakistan. Il piano della strategia del filo di perle ha comportato negli ultimi anni un massiccio potenziamento della flotta militare, fino a poco tempo fa una semplice guardia costiera. Il potenziamento che vedrà tra le altre cose la costruzione di una nuova portaerei, e sta vedendo il varo di decine di unità navali sottomarine e di superficie che andranno a sostituire unità obsolete , inoltre vi è stata l’installazione di nuovi sistemi d’arma missilistici navali.

In molti paesi africani il dragone cinese sta stringendo accordi per L’approvvigionamento delle materie prime; già oggi migliaia di tecnici cinesi sono al lavoro nel continente nero per la creazione di nuovi pozzi petroliferi, miniere, gasdotti ed oleodotti.

Paradossalmente il nuovo sfruttamento per mano cinese delle risorse naturali africane, bollato da molti in Occidente come una forma di neocolonialismo petrol-minerario, sta portando una dimensione di sviluppo finora sconosciuta a paesi fino ad ora condannati  alla più tragica indigenza.

Un fenomeno che si manifesta per la prima volta nella storia dell’economia mondiale è il fatto che mai prima di oggi una potenza consolidata (gli USA) avesse ricevuto sostegno finanziario da una potenza emergente e non viceversa. I banchieri cinesi stanno infatti  sostenendo l’industria statunitense con ingenti finanziamenti necessari per far fronte ad una sempre maggiore competitività internazionale.

Anche sotto il punto di vista della produzione artistica la Cina sta vivendo parallelamente al suo decollo economico un’autentica rinascita culturale.Potendo attingere da una storia di 5 mila anni , da una produzione letteraria antichissima che differentemente da molti capolavori di arte figurativa non è stata cancellata negli anni bui del maoismo, e da una civiltà che è arrivata fino a

attraversando i secoli, è normale che oggi anche gli artisti, gli scrittori, ed i cineasti cinesi rivendichino un importante ruolo internazionale. Molti sono gli scrittori ed i poeti che fuggiti all’estero a causa delle persecuzioni comuniste che ritornano oggi attratti del fer
mento intellettuale , come è il caso di Dai Sijie, scrittore che dal 1985 vive a Parigi, molto popolare in Francia per il suo romanzo “Balzac e la piccola sarta cinese” scritto nel 2000 , che narra proprio delle atrocità delle Guardie Rosse di Mao. Dai Sijie pur continuando a vivere nella capitale francese si reca diverse volte all’anno nel suo paese d’origine, cosa impensabile fino a qualche anno fa, segno che per gli intellettuali le cose stanno realmente cambiando.

Un discorso approfondotito merita la rinascita del cinema cinese ed in particolare il filone Neo Wu-Xia , che oramai ha dimostrato di potere reggere il confronto se non addirittura di superare Hollywood.

Su tutti i talentuosi registi cinesi svetta Zhang Yimou , cineasta che con  “Lanterne rosse” aveva conquistato la popolarità internazionale, e che con “Hero” del 2002 è asceso all’Olimpo degli  Dei del cinema internazionale. “Hero” infatti ha battuto tutti i record di incassi in tutto il mondo. Il film può considerarsi il capolavoro assoluto del nuovo Wu-Xia, genere di arti marziali nato negli anni ’20 del 1900 e riscoperto nell’ultimo decennio,  ambientato in un’antichità cinese imprecisata dove storie d’amore e di duelli si intrecciano tra complotti e battaglie.  Quest’opera magistrale di Yimou ha rappresentato un caso politico ed è valsa al suo autore il nomignolo di “Spielberg cinese neoimperiale” , il film infatti benché sia un capolavoro artistico indiscutibile è la trasposizione cinematografica di una leggenda cinese, la cui morale è sostanzialmente quella della giustificazione della violenza come strumento indispensabile per il mantenimento dell’ordine della pace. Se da un lato Yimou è stato consacrato nel suo paese per questo film, dall’altro è stato aspramente criticato per aver firmato quella che a molti è sembrata un’opera di regime; egli infatti in alcune pellicole precedenti che lo avevano reso famoso aveva denunciato alcuni aspetti della società cinese come ad esempio la condizione femminile in una sistema familiare  ancora fortemente patriarcale.

 

Insieme all’incredibile sviluppo cinese in questo inizio di secolo, vi è quello potenziale di molte altre le nazioni asiatiche  fino a ieri marginali, ma che oggi si ritrovano ad avere la possibilità di riscattarsi dal loro sottosviluppo su imitazione della Cina. Ad esempio un paese come il Vietnam , il cui nome è stato legato indissolubilmente alle tante guerre che l’hanno devastato dal secondo conflitto mondiale fino al 1975 , vive oggi una nuova primavera di speranze: la sua popolazione di circa 80milioni di abitanti con una concentrazione paragonabile a quella delle più popolose province cinesi, la sua posizione geografica costiera è estremamente favorevole, ed il mix già ben sperimentato in Cina di uno Stato dirigista che riesce non solo a coesistere ma addirittura ad incentivare un’economia capitalista, lo rendono la più promettente tra le nuove Tigri Asiatiche.

Questo straordinario sviluppo asiatico è però dolorosamente legato al tramonto dell’Occidente. Proprio l’Occidente il cui nome che per ironia della sorte  significa“ tramonto“, che in questa oscura profezia sembra ritrovarsi condannato ad un inevitabile declino nei  prossimi anni e l’Europa in particolare a divenire la piccola appendice di una grande Asia.

 

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