Questo è un articolo che scrissi dieci anni fa nel 1995, ma per la sua attualità e per la costante ipocrisia della grandeur, merita una rilettura. ognuno di voi potrà commentarlo in modo diverso, ma i fatti che vado a narrare sono l’altra faccia impresentabile di uno dei paesi fondatori dell’Europa di oggi. negli ultimi due decenni la Francia ha stanziato per il continente nero milioni e milioni di franchi nel nome della fraternité verso i popoli delle ex colonie. altrettanto si sono prodigati i nostri governi italiani, succedutisi dal 1974 al 1994, in aiuti verso la Somalia, l’Etiopia e il Magreb: centinaia di miliardi di lire in solidarietà non meglio definita. ma dove termina la carità e dove incominciano gli affari? ebbene, per ogni cento franchi di aiuti elargiti dalla Francia ai paesi africani, si calcola che almeno 25 siano entrati nei conti correnti dei capi di stato di quei paesi (ricordate amin e bocassa ?) , altri dodici siano serviti per pagare gli stipendi dei cooperanti francesi, ben 60 siano stati spesi per acquistare beni e servizi in Francia e infine tre franchi siano stati regolarmente spesi nei paesi africani. è una durissima requisitoria, quella lanciata da Pascal Krop nel suo libro “”le génocide franco-africain”” – edizioni lattès -, un’opera che smonta il meccanismo degli aiuti di Parigi all’africa francofona, spiegando le ragioni per cui i dittatori dei paesi ex coloniali siano tra i più politicamente longevi dell\’intero continente: essi godono infatti anche della protezione militare francese, che permette loro di sopravvivere alle insurrezioni popolari, sistematicamente soffocate nel sangue. i casi più significativi sono quelli dello Zaire, del Togo, del Camerun e quello gravissimo del Ruanda, dove un esercito locale addestrato dalla Francia ha perpetrato il più atroce genocidio nella storia del continente nero.