Africa: da problema a opportunità

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C’è solo una strada per salvare in un sol colpo Europa e Africa. Organizzare un piano internazionale, magari sotto l’egida dell’Onu, per risolvere alla radice il problema principale che è quello della palese incapacità di gran parte di quegli stati di autogovernarsi e di garantire diritti umani e bisogni essenziali. A parte qualche eccezione gli stati africani sono un disastro, altrimenti non ci sarebbero milioni di africani che scappano, non dalla guerra ma dalla povertà.

 


Il Centro Studi di Confindustria nell’analizzare la situazione italiana con particolare riguardo alla crescita ha indicato l’Africa come sbocco naturale della nostra economia. Se volgiamo crescere, dicono gli industriali, dobbiamo puntare lì, dove già il nostro paese, nonostante tutto, è quello che investe di più dopo Cina ed Emirati Arabi. Nonostante tutto, perché noi non abbiamo avuto l’impero coloniale di Inghilterra, Francia, Belgio e Olanda né abbiamo potuto goderne dei benefici anche postumi, vedi Commonwealth.

Effettivamente quello che dicono i cervelli confindustriali è vero, anche se non sono certo i primi a dirlo e, soprattutto, non pongono il problema principale: come tutelare gli investimenti italiani -ma il discorso andrebbe allargato a livello internazionale- se gli assetti statuali del continente nero rimangono quelli attuali, dato che in molti paesi il potere è gestito da bande di delinquenti auto-proclamatisi politici?

Lo sosteniamo da molti anni: è l’Africa la chiave per risolvere tutti i nostri problemi a cominciare da quello più grave che è l’immigrazione. E’ l’Africa lo sbocco naturale dell’Europa, come l’America latina lo è per gli Stati Uniti. Con un problema però. La decolonizzazione seguita alla 2^ guerra mondiale ha devastato l’Africa consegnandola nelle mani delle multinazionali che hanno pianificato il puro e semplice saccheggio delle risorse, attuando la monocoltura, provocando desertificazione, povertà, fame a differenza delle potenze coloniali, che sfruttavano sì le sue risorse ma nel contempo garantivano certi equilibri ambientali e i bisogni essenziali.

Dicono bene i confindustriali, ma pensare di risolvere il problema a spot, basandosi solo sull’iniziativa dei privati, senza un ripensamento degli assetti politici del continente significa lasciare tutto com’è.

C’è solo una strada per salvare in un sol colpo Europa e Africa. Organizzare un piano internazionale, magari sotto l’egida dell’Onu, per risolvere alla radice il problema principale che è quello della palese incapacità di gran parte di quegli stati di autogovernarsi e di garantire diritti umani e bisogni essenziali. A parte qualche eccezione gli stati africani sono un disastro, altrimenti non ci sarebbero milioni di africani che scappano, non dalla guerra ma dalla povertà.

I paesi europei, Russia compresa, ma anche gli Usa, la Cina, il Giappone, l’Australia devono assumersi l’onere di “adottare”, come se fossero delle province d’oltremare, uno o più paesi africani garantendo alimentazione, salute, istruzione, ordine e diritti umani in cambio dello sfruttamento controllato delle loro risorse sotto l’egida delle Nazioni Unite.

Solo così si potrà porre fine all’immigrazione. Solo così si potrà dare un futuro a quelle popolazioni. Solo così si potranno offrire alla nostra economia degli sbocchi e dei posti di lavoro ai nostri giovani.

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