Non c’è nulla di cui rallegrarsi nella sconfitta del M5S perché abbiamo consumato e deluso un’altra ondata di cambiamento, del quale continua ad esserci bisogno. Purtroppo la voglia di pulizia, di giustizia sociale, di aiuto per i più deboli è stata incanalata da Grillo, Casaleggio e poi dalla classe dirigente di Di Maio, nel tumulto di piazza, nell’antagonismo e nell’unico obiettivo di distruggere e delegittimare gli altri, sia come persone che come partiti.
Gli ideali di fondo del Movimento sono ancora condivisibili: onestà, sostenibilità ambientale, lotta alla corruzione e ai privilegi, ma non ha saputo individuare un percorso realistico per raggiungerli. Fare chiasso è servito fino all’arrivo al governo, con le responsablità conseguenti e l’alleanza con uno che, andando oltre l’antagonismo, tira dritto: “”Faccio quel che mi pare, me ne frego perché io sono la legge””. Salvini fin dal primo giorno si è mangiato tutto il governo in un sol boccone, impersonando l’uomo del fare portandolo su posizioni di estrema destra.
In fondo a Di Maio, che proviene dalla destra, l’estremismo di Salvini va bene, ma non va bene a parte della base; il popolo web, allevato a strilli, parolacce e attacchi, è stato attratto da chi strilla di più e sa rivolgersi alle sue paure più profonde.
Credo che il M5S ora dovrà attraversare il deserto per raggiungere, forse, molto forse, una nuova terra ‘promessa’. Ma non c’è nulla di cui godere e lo dico che sono tutto fuorché grillino.